Nucleare chi? – Conferenza sul nucleare a Udine – 8 giugno 2011

Mercoledì 8 giugno 2011 si è svolta nella sala conferenze della libreria Feltrinelli di Udine la conferenza dal titolo “Nucleare chi?” organizzata dall’associazione udinese Sentiti e tenuta da Francesco Pascoli, membro del Comitato Nucleare e Ragione.

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I temi affrontati hanno spaziato dalla radioattività come fenomeno fisico, scoprendo qual’è la causa dei decadimenti radioattivi, i diversi tipi di radioattività e come si misurano, alla radioattività come fenomeno naturale, presente quotidianamente nelle nostre vite tramite radiazione cosmica, radon, cibi ecc.

Si è passati dunque ad analizzare alcuni aspetti medici delle radiazioni: come esse interagiscano con il nostro corpo causando danni somatici o genetici, deterministici o stocastici, dando poi un’occhiata a quali sono le principali cause di riduzione dell’aspettativa di vita, trovando ai primi posti fumo e obesità, mentre le radiazioni si collocavano in coda all’elenco.

Com’era doveroso fare, è stato illustrato lo schema di funzionamento di una centrale nucleare: come produce corrente, come si alimenta una reazione di fissione e come la si rallenta. Lo sguardo si è rivolto quindi alle centrali di IV generazioni, quelle del futuro – tutt’altro che lontano – ponendo particolare attenzione ai reattori veloci autofertilizzanti raffreddati a sodio.

Parlare di nucleare impone di affrontare gli annosi argomenti della sicurezza e delle scorie e così è stato fatto, discutendo di “safety” e di “security”, dei diversi tipi di scorie prodotte dalle centrali, del loro smaltimento e facendo un confronto con le fonti energetiche a carbone fossile e idrocarburi o agli scarti industriali tossici. 

Immancabile è stata una digressione sugli avvenimenti di Fukushima, le cause scatenanti e gli effetti.
Si è parlato infine di emergia, un modo intelligente di valutare gli aspetti economici ed ambientali delle fonti energetiche.

La conferenza si è chiusa con alcune riflessioni sulle tre fonti energetiche protagoniste dei dibattiti attuali: solare, nucleare ed eolico, analizzando inoltre con occhio critico la scelta energetica tedesca.

La risposta del pubblico è stata molto positiva con commenti e ringraziamenti, soprattutto per aver fatto luce sui molteplici aspetti della questione nucleare, mostrando come essa non possa essere risolta con qualche battuta propagandistica sugli schermi della televisione ma vada affrontata con cognizione di causa e molto tempo a disposizione.

UNA GUIDA INTERPRETATIVA AL NUOVO QUESITO REFERENDARIO SUL NUCLEARE

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La Corte di Cassazioneha recentemente confermato che il 12 e 13 giugno 2011 i cittadini italianisaranno chiamati a pronunciarsi sul quesito relativo all’energia nucleare.  Il testo che troveremo nella scheda sarà però diverso da quello originariamente proposto dai promotori del referendum e per il quale erano state raccolte le firme.

Nelle scorse settimane, infatti, il parlamento italiano ha approvato un’emendamento nel cosiddetto decreto Omnibus, che di fatto cancellava tutti gli articoli ed i commi del decreto legislativo n.31/2010, oggetto del quesito referendario, ovvero quelli relativi alla pianificazione e realizzazione di nuove centrali nucleari. Questa mossa politica, se da una parte può essere considerata un discutibile tentativo di evitare meramente il ricorso alle urne in un periodo oggettivamente sfavorevole all’opzione nucleare, dall’altra avrebbe probabilmente ricevuto un’approvazione quasi unanime per la sua prudenza qualora fosse stata proposta in un contesto completamente diverso, ovvero non come tentativo di  evitare il referendum ma come semplice reazione di cautela di fronte agli eventi di Fukushima.

La sospensione del programma nucleare, motivata «al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza nucleare»(articolo 5, comma 1), contiene infatti un testo aggiuntivo. In esso, il governo si impegna a proporre, entro 12 mesi, una volta sentiti i pareri della conferenza stato-regioni e delle commissioni parlamentari di competenza, una nuova Strategia Energetica Nazionale, con le seguenti finalità:   

«garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali» (articolo 5, comma 8)

Tutto questo, certo, senza menzionare o escludere l’eventuale nuovo ricorso al nucleare, subordinato alle nuove evidenze scientifiche nel frattempo emerse, all’eventuale sviluppo tecnologico e tenendo conto delle valutazioni effettuate a livello di Unione europea e a livello internazionale.

Questi commi sono quelli che dovremo abrogare tra 10 giorni. Visto che il piano operativo del governo, per l’installazione delle centrali nucleari è stato di fatto sospeso, quali sono quindi le possibili conseguenze ulteriori di questo voto? Cerchiamo di dare una risposta.

SE VINCE IL NO O SE NON VIENE RAGGIUNTO IL QUORUM

Tra 12 mesi, una volta acquisite ulteriori evidenze scientifiche, si comincerà a pianificare il futuro energetico del nostro paese, accogliendo sia i contributi ed i rilievi delle amministrazioni locali, sia le valutazioni tecniche e scientifiche effettuate a livello nazionale, europeo ed internazionale. Si darà in altre parole il via ad un piano di sviluppo, dove le diverse fonti (compreso il nucleare) saranno prese in considerazione, valutate e discusse, al fine di trovare una soluzione realistica, convincente e condivisa tra le diverse realtà del nostro paese.

SE VINCE IL SI

 

I commi 1 e 8 vengono aboliti. Viene meno la partecipazione italiana al dibattito scientifico europeo sulla sicurezza energetica che avrà luogo in concomitanza con l’avvio del previsto programma di revisione delle centrali europee (campagna di stress test). Sparisce qualsiasi riferimento all’adozione, entro 12 mesi, di una nuova organica Strategia energetica nazionale (di cui l’Italia è attualmente sprovvista e di cui ha un enorme bisogno).  Viene in sostanza meno l’opportunità di avviare un vero dibattito sul futuro energetico del nostro paese, che allo stato delle cose appare congelato. Non vi e’ certezza, nell’attuale quadro politico, di quando tale dibattito potrà venire ripreso, ed in quali condizioni.

Quale torta ti piace di più?

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Una delle comuni argomentazioni di chi si oppone alla possibilità che l’Italia riconsideri l’opzione nucleare, riguarda la questione della “dipendenza energetica”: installare nuovi impianti di produzione elettrica mediante fissione nucleare, si dichiara, non ridurrebbe la dipendenza del nostro paese dagli stati esteri, in quanto vi sarebbe la necessità di importare l’uranio, di cui il nostro territorio è sostanzialmente privo.

Questa affermazione, pur essendo oggettivamente corretta, risulta essere però incompleta e soprattutto non centra il cuore del problema. Innanzitutto bisogna sottolineare come il combustibile incida nelle centrali nucleari solo per il 5% del costo complessivo finale dell’energia elettrica, mentre tale quota sale al 40% e al 70% per una centrale a carbone o a gas naturale (o petrolio). Ciò significa che eventuali oscillazioni sfavorevoli del prezzo della materia prima si ripercuotono in maniera molto ridotta nel caso nucleare, rendendo perciò più stabile il mercato energetico.

Il punto fondamentale, però, riguarda la non corretta comprensione del concetto di dipendenza energetica: non potendo l’Italia fare a meno di importare combustibili fossili per produrre elettricità, per il riscaldamento o per il proprio sistema di trasporti, può però mitigare la propria vulnerabilità diversificando le fonti da cui attingere. Gli investimenti azionari o i piani di accumulo che le banche generalmente propongono ai propri clienti hanno come punto di forza proprio il concetto di diversificazione: nessun pacchetto prevederà mai titoli provenienti da un unica azienda o da un unico settore industriale, proprio per prevenire lo spiacevole inconveniente che il fallimento di una società o la crisi di un determinato comparto facciano perdere completamente il capitale investito. Per esempio, dividere il capitale in 10 parti riduce notevolmente i rischi, in quanto il fallimento di una società determinerebbe la perdita soltanto del 10%.

Con le fonti energetiche bisogna ragionare esattamente allo stesso modo: un mix di approvigionamento fortemente sbilanciato rende il paese molto debole, soggetto alle speculazioni del mercato, delle lobbies, o alle instabilità geopolitiche ed economiche, su scala planetaria o relativamente ai singoli stati fornitori. Si pensi a quanto sta accadendo in questi mesi in Libia (da cui importiamo notevoli quantità di petrolio) e nei paesi del Nord Africa in generale. Si pensi alle condizioni ancora non perfettamente stabili, dal punto di vista economico e democratico, nell’area ex-sovietica, da cui proviene il maggior quantitativo di gas metano. Vi è poi il Medio-Oriente, costante teatro di guerre e tensioni.

L’auspicio di tutti è che in un futuro non troppo lontano ogni paese sia in grado di sostenere il proprio fabbisogno esclusivamente con le energie rinnovabili. Questo traguardo è però ancora piuttosto lontano, dal punto di vista tecnologico ed economico. Alla luce di quanto detto precedentemente, nel cammino di avvicinamento a questo risultato ogni paese non può esimersi dal predisporre una strategia che contempli una combinazione di fonti energetiche il più possibile variegata e multiforme. Vediamo quali sono le condizioni di alcuni tra i principali paesi europei, inclusa l’Italia, relativamente alla produzione di energia elettrica in termini delle varie fonti energetiche: i dati risalgono al 2005 ma non sono molto dissimili da quelli attuali.

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Risulta facile notare come le situazioni meno convincenti, dal punto di vista della diversificazione, siano quelle della Francia, in cui quasi l’80% dell’energia proviene dal nucleare, e l’Italia, in cui il 50% dell’elettricità è prodotto con il gas naturale. Germania, Spagna e Regno Unito presentano invece un mix ragionevolmente equilibrato, che le mette al riparo da conseguenze drammatiche nel caso una delle fonti dovesse essere per qualche motivo sostituita in tempi brevi. Cosa accadrebbe invece all’Italia se da un giorno all’altro gli stati dell’Europa dell’Est (come tra l’altro già minacciato qualche inverno fa) decidessero di chiudere repentinamente i rubinetti dei gasdotti che giungono fino al nostro paese? 
Nell’ottica di una eventuale crisi internazionale, un ulteriore aspetto da considerare riguarda le modalità con cui i singoli stati sono in grado di dotarsi di una riserva energetica strategica, per fronteggiare eventuali drastiche riduzioni delle importazioni di materie prime: pochi metri cubi di uranio in questo caso possono garantire un’autonomia che richiederebbe invece volumi di stoccaggio incommensurabilmente maggiori nel caso di gas e petrolio. L’Italia attualmente, in caso di interruzione delle importazioni, sarebbe infatti in grado di soddisfare le richieste energetiche interne solamente per poche settimane. 

Alla luce di tutto questo, ecco dimostrato come il nucleare, seppur non rappresentando la soluzione definitiva e completa ai problemi energetici italiani, potrebbe costituire una delle soluzioni più ragionevoli per contribuire a rendere meno pesante la dipendenza dall’estero.

Per maggiori informazioni:
SIF (Società Italiana di Fisica), Energia in Italia: problemi e prospettive (1990-2020)
http://www.sif.it/SIF/resources/public/files/LibroBianco.pdf

 

Il calendario dei prossimi eventi organizzati dal Comitato Nucleare e Ragione

Il Comitato Nucleare e Ragione è lieto di annunciare i prossimi incontri in programma nel mese di giugno. Come sempre vi aspettiamo numerosi e carichi di domande e curiosità cui cercheremo di rispondere con l’aiuto dei nostri relatori.

Ecco il programma dettagliato:

Martedì 7 giugno, ore  17.30 19.00, “La presenza del Radon in ambienti abitativi

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Racconteremo la storia del Radon: un percorso iniziato circa 500 anni fa. Cos’è, da dove viene, perché è pericoloso e come si misura. Commenteremo i risultati delle più recenti campagne di misura nella nostra regione, senza trascurare le stranezze e curiosità che caratterizzano questo “misterioso” elemento.

– Giovedì 23 giugno, ore 17.30 19.00, “Centrali Nucleari: dalla A (atomo) alla U (uranio)”
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Cos’è una centrale nucleare? Come funziona? Come viene prodotta l’energia? Per quale motivo serve l’uranio? Cosa sono le scorie radioattive? A queste domande, ed a quelle rivolte dal pubblico, risponderà un ingegnere nucleare che si occupa di centrali e reattori. Un incontro per scoprire ed approfondire i molti aspetti dell’energia atomica: dalla progettazione di una centrale nucleare, fino al suo smantellamento. Un viaggio esplorativo in un mondo spesso sconosciuto. Un’opportunità unica di incontrare chi lavora sul campo, per parlare di energia, ma anche di radioprotezione, di sistemi di sicurezza e di ambiente.

Entrambi gli incontri si terranno presso lo storico Caffè San Marco, via Cesare Battisti 18, Trieste.

A presto!

Affascinante viaggio nel mondo delle radiazioni in medicina.

Si è svolta venerdì scorso, 20 Maggio, nell’usuale cornice del Caffè San Marco a Trieste, la seconda conferenza organizzata dal Comitato Nucleare e Ragione. L’appuntamento, dal titolo “Dalle radiografie alla radioterapia: un viaggio nel mondo delle radiazioni in medicina”, ha visto la partecipazione di tre relatori di eccezionale qualità: la dottoressa Mara Severgnini e la dottoressa Rossella Vidimari, Fisici Medici presso gli Ospedali Riuniti di Trieste, ed il dottor Vittorino Milan, medico radioterapista presso il Centro Tumori del medesimo ospedale.

I relatori hanno rispettivamente trattato nei loro interventi il tema delle radiazioni ionizzanti, siano esse di origine naturale od antropica, ed i loro effetti biologici, per poi descriverne l’utilizzo in campo diagnostico e clinico, con una esauriente disamina delle più moderne tecnologie, con particolare riguardo alla radioterapia in campo oncologico.

Il pubblico, che anche questa volta ha risposto numeroso all’invito, malgrado la giornata afosa invitasse a ben altri programmi, ha potuto di conseguenza avvicinarsi ai concetti spesso ostici di dose, dose equivalente e dose efficace, nonché comprendere che la stessa dose assorbita ha diversi effetti sul corpo umano, a seconda del tipo di radiazione e dell’organo esposto. Sono stati esaminati i diversi effetti delle radiazioni ionizzanti sull’organismo, quelli deterministici (che si verificano con certezza oltre la soglia di 1 sievert di dose assorbita e la cui gravità aumenta con l’aumentare della dose assorbita) e quelli stocastici (la cui probabilità di verificarsi aumenta all’aumentare della dose assorbita, ma senza una soglia minima di sicurezza), e si sono fatti alcuni esempi della dose di radioattività naturale assorbita comunemente dalla popolazione mondiale, a tal proposito mostrando come questa sia fortemente variabile da paese a paese (inalcune zone del Brasile è quattro volte superiore alla media mondiale, senza che per questo sia stata dimostrata alcuna particolare incidenza di malattie radioindotte).

D’altronde, l’uomo ha utilizzato la radioattività in medicina fin dai tempi della scoperta di questo fenomeno, nel corso degli anni migliorando costantemente la tecnologia al fine di massimizzarne i benefici di utilizzo riducendo nel contempo al minimo gli effetti collaterali e dannosi. Le più moderne tecnologie utilizzate ad esempio in campo radioterapico consentono di aggredire un tumore anche se questo letteralmente “circonda” un organo importante e sano, dunque evitando di esporre quest’ultimo alle radiazioni. Grazie a questo costante progresso tecnologico, ha spiegato il dottor Milan, la radioterapia (da sola o abbinata ad intervento chirurgico) ha raggiunto percentuali di successo molto elevate nel contrasto di diversi tipi di tumori.

Il prossimo appuntamento sarà il 7 giugno 2011, alle ore 17.30, sempre al Caffè San Marco, quando il dott. Massimo Vascotto affronterà il tema del gas radon, che da solo costituisce il 42% della radiazione naturale ed è ampiamente diffuso nelle nostre case.

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La Svezia e le scorie nucleari

Il video che vi proponiamo quest’oggi, tratto dalla trasmissione SuperQuark, ci mostra come sia affrontato in Svezia il problema dello stoccaggio delle scorie di una centrale nucleare. La Svezia é uno dei paesi preso piú spesso ad esempio come modello di democrazia, civiltá e rispetto per l’ambiente e la persona. Perché non seguirne l’esempio anche ora?

Vapore acqueo a Springfield

Tanto fumo, e niente arrosto.

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Sembra essere questa l’informazione che offre Greenpeace, in questo manifesto che ci siamo divertiti a modificare un po’.

L’immagine proposta da Greenpeace suggerisce l’idea che dai “reattori nucleari” siano emessi pericolosi fumi nocivi, proprio fuori dalla finestra di casa. Un’immagine che ricorda un po’ la città di Springfield dove vive Homer SImpson con la sua famiglia!

In realtà quelle strutture che si vedono all’orizzonte non sono i reattori nucleari, ma sono le torri di raffreddamento. E queste torri di raffreddamento funzionano proprio ad acqua! Il fumo bianco che si vede, è semplicemente vapore. Lo stesso che si sprigiona da una pentola piena d’acqua che inizi a bollire. E sia l’acqua usata per il raffreddamento, che l’acqua “calda” che viene raffreddata non sono mai venute in contatto con il nocciolo del reattore nucleare. L’immagine riportata qui sotto descrive come funziona una centrale nucleare.

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L’energia elettrica viene prodotta da una turbina, che non è altro che una grande “dinamo”, come quella installata sulle biciclette. La turbina viene fatta girare da vapore ad alta pressione (steam, in inglese). Il vapore viene generato tramite il calore prodotto dalla reazione nucleare nel nocciolo del reattore. E questo ultimo passaggio è l’unica differenza tra una centrale nucleare, ed una centrale a carbone, a gas, a petrolio: in tutte queste centrali, l’elettricità viene prodotta facendo girare una turbina con il vapore ottenuto scaldando l’acqua.

In una centrale a carbone, gas o petrolio, questi materiali combustibili devono essere bruciati per produrre il riscaldamento, rilasciando di conseguenza dei fumi di scarico (possiamo pensare ad una locomotiva a carbone, ad esempio; ma anche al gas di scarico di una macchina!). E questi fumi di scarico sono tossici, contribuiscono all’effetto serra ed ai cambiamenti climatici.

In una centrale nucleare invece non vi è nulla che “bruci”. Il calore viene prodotto attraverso trasformazioni nucleari, e non vi è produzione ne rilascio di alcun “fumo” tossico all’esterno. 

Forse i pubblicitari di Greenpeace si sono lasciati davvero ispirare da Springfield. A noi piacerebbe invece parlare di nucleare in modo serio e ragionato. E fare informazione, non propaganda.

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Nucleare: effetto Fukushima. No, effetto referendum.

Si è svolta venerdì pomeriggio, dopo svariati rinvii che l’hanno vista slittare per ben due volte e posticipare di quasi un mese sulla data inizialmente prevista, la conferenza Nucleare: effetto Fukushima, promossa dal Comune di Trieste, dai Partners del Protocollo d’Intesa Università/Enti di Ricerca e dal quotidiano Il Piccolo, con l’appoggio e la sponsorizzazione di tutte le istituzioni politiche e scientifiche della provincia. L’evento ha visto il contributo di tre relatori principali, Alessandro Martelli, ingegnere nucleare dell’Enea, Peter Suhadolc, sismologo dell’Università di Trieste e Massimo Bovenzi, ordinario di Medicina del Lavoro e Radioprotezione dell’Università di Trieste, più otto scienziati di diversi campi, che hanno in varia misura collaborato all’evento e dunque hanno avuto diritto di prelazione sugli interventi “dal pubblico”.
Pubblico che bisogna dire, forse a causa degli slittamenti di data, non è tra i più numerosi: pochi gli studenti e pochi i cittadini comuni. Per riempire la sala, circa 90 posti a sedere, serve la pletora degli organizzatori e la claque organizzata che accompagna ogni relatore, pur essa composta prevalentemente da accademici e da ricercatori vari.
Gli interventi dei tre relatori sono stati generalmente puntuali e rassicuranti, a nostro avviso ben strutturati, dato anche lo scarso tempo loro concesso, circa 20 minuti ciascuno.

In apertura Martelli ha illustrato il funzionamento della centrale di Fukushima, analizzando le cause e la portata dell’incidente, e facendo un debito e rassicurante paragone con l’incidente di Chernobyl. In seguito, Suhadolc, ha illustrato il concetto di pericolosità sismica, e quali siano le informazioni in merito fornite dalla comunità scientifica agli amministratori per la progettazione delle centrali nucleari, soffermandosi su quelle di Fukushima e Krsko. Per la prima ha sottolineato come, pur essendo i valori attesi di accelerazione  inferiori a quelli effettivamente registrati, la centrale non abbia subito danni rilevanti dal sisma. Infine, Bovenzi ha fatto una rapida introduzione dei concetti di radioattività e di dosimetria, per passare poi ad una disamina degli effetti deterministici e stocastici delle radiazioni sull’organismo, con la presentazione dei casi studiati negli anni dall’Istituto Marie Curie di Parigi, in particolare quelli seguiti al bombardamento di Hiroshima e Nagasaki e all’incidente di Chernobyl, ma anche quelli dei lavoratori esposti in campo industriale e sanitario. Bovenzi ha  poi concluso con alcuni dati rassicuranti sulle misure di contaminazione da Iodio 131, rilevate negli scorsi giorni in Italia, in tal senso anch’egli avvalorando l’infinita maggiore gravità dell’incidente di Chernobyl rispetto a quello d Fukushima.

Sarà stato per l’eccesso di rassicurazione, tant’è che i successivi interventi dal “pubblico” hanno teso a riequilibrare questa sproporzione, ciascuno a proprio modo. Chi ha attinto ai ricordi del tempo di Chernobyl e alla clandestina importazione di latte in polvere da luoghi più sicuri, chi ha addotto motivi economici, sposando una recente tesi secondo la quale il costo del fotovoltaico sarebbe ormai pari al costo del nucleare (non vi erano, però, economisti in sala ne tra i relatori, ndr); altri infine hanno sollevato il problema aperto dello smaltimento delle scorie.
Non è mancata, in pieno stile “academic-chic”, la stoccata agli assenti, con il moderatore, il giornalista Fabio Pagan de Il Piccolo, che istiga compiaciuto il pubblico alla derisione del prof. Battaglia (molto controverso per le sue posizioni in campo energetico, ndr) e del Presidente del Consiglio, reo di avergli scritto la prefazione del libro (e non solo di questo, va da sé).
Dopo gli interventi “accademici” lo spazio per gli interventi dal pubblico era ormai esaurito, altrimenti avremmo provato a richiamare l’attenzione dell’uditorio sui reali numeri della tragedia: 17 morti in seguito ad un sisma disastroso, 27000 morti in seguito ad uno tsunami epocale, nessun morto  per sindrome acuta da radiazioni.
Effetto Fukushima? No, effetto Referendum.

Il fiato corto

Certo, si può continuare a correre. Ma con il fiato corto. 

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Questa è la risposta più onesta a chi chiede se sia possibile un futuro energetico per il nostro Paese, senza il nucleare. Il Corriere della Sera ha pubblicato proprio nei giorni scorsi una interessante tabella, che riportiamo qui, riassumendo alcuni dati sulla situazione energetica italiana, anche in confronto con altri paesi europei. L’Italia è un paese energeticamente dipendente dal gas: metà dell’energia elettrica prodotta in Italia, nel 2009, è stata generata da centrali a gas. Importato dall’estero. Carbone e petrolio forniscono poco più del 10% ciascuno, mentre le cosiddette energie rinnovabili hanno costituito, nel 2009, poco meno di un quarto della produzione elettrica.

Un quadro interessante, se confrontato con la situazione europea: siamo si oltre la media per la produzione da energie rinnovabili (che in Europa si assesta a poco meno del 20%), ma siamo uno dei paesi che dipendono più fortemente dalle importazioni di gas. Il doppio della media europea. Inoltre, in tutta Europa si sta abbandonando la produzione di energia elettrica dal petrolio, che rappresenta il 3% del totale: in Italia il dato è uno sconfortante 11%. 

L’Italia è uno dei paesi, in Europa, con la più alta percentuale di energia prodotta da combustibili fossili (gas, petrolio, carbone): insieme rappresentano il 75% delle fonti di energia. Contro il 60% della Germania, il 57% della Spagna e l’11% della Francia. Ed i combustibili fossili hanno la maggior responsabilità per quanto riguarda i possibili cambiamenti climatici, l’emissione di inquinanti chimici ed anche di inquinanti radioattivi.

Questi dati, tuttavia, si riferiscono alla situazione presente. Le proiezioni sullo sviluppo economico ed industriale del nostro paese, indicano che, se oggi la domanda di energia è di 320 TWh, questa sarà di 360 TWh nel 2030. Un aumento di più del 10% in vent’anni.
Christian, al termine del nostro incontro/conferenza del 26 aprile a Trieste, ci ha lasciato con il quesito se siano “sufficienti le “energie alternative” per coprire il fabbisogno energetico italiano”. Da questi dati appare chiaro che le energie alternative (immaginiamo che Christian si riferisca alle fonti rinnovabili) giocano un ruolo rilevante nella produzione di energia elettrica nel nostro paese, ma tuttavia rappresentano solo un quarto della produzione. E non sono in grado di provvedere né alla totalità della produzione attuale, né all’aumentare della richiesta energetica nel futuro.

Non abbiamo tenuto conto, in questa discussione, di elementi importanti, qual è la situazione geopolitica internazionale. Tuttavia è importante ricordare che le importazioni di gas dipendono sia dai paesi importatori che dai paesi attraverso cui passano in gasdotti. In questa ottica vanno interpretati i rapporti tra l’Italia e, in primo luogo, la Russia. Inoltre la recente crisi del gas tra Russia ed Ucraina (2006) rappresenta un precedente che è necessario considerare attentamente. Le importazioni di petrolio sono anche rilevanti per il nostro paese: la recente (ancora in corso) guerra in Libia potrebbe avere conseguenze importanti sulla nostra capacità di approvvigionamento.

Se tuttavia consideriamo che l’Italia sia in grado nei prossimi 20 di mantenere le attuali capacità di importazione di combustibili fossili (carbone, gas e petrolio) per affrontare l’aumento della richiesta di energia, nel 2030 la situazione potrebbe essere tutt’altro che confortante. La previsione è fatta considerando le strutture produttive (le centrali ora in funzione), la loro capacità di funzionamento, i piani di sviluppo energetico e la disponibilità delle fonti. Inclusi gli investimenti per le energie rinnovabili.

Ricordiamo che le energie “rinnovabili” includono le centrali idroelettriche (che rappresentano la quasi totalità della produzione di energia alla voce “rinnovabili”), ed in parte minoritaria il fotovoltaico, l’eolico, ma anche la produzione con legna da ardere.
Le importazioni di gas non potrebbero aumentare considerevolmente (+20%), tantomeno quelle di petrolio. L’Italia avrebbe dunque la sola possibilità di aumentare la produzione di energia da carbone, che dovrebbe raddoppiare: da 40 TWh (2009) a 80 TWh (2030).
La produzione da fonti rinnovabili dovrebbe aumentare da 80 TWh (2009) a 105 TWh (2030): un aumento consistente, ma non sufficiente a limitare la necessità di ricorrere al raddoppio della produzione da carbone, ed un aumento consistente di quella da gas.

Certo, senza nucleare, possiamo continuare a correre. Ma con il fiato corto e respirando più CO2 ed SO2. Quale sarebbe la situazione con l’introduzione di centrali nucleari per la produzione di energia, nel nostro paese?

Secondo le proiezioni attuali, il nucleare dovrebbe fornire un quarto dell’energia elettrica prodotta nel 2030: questo potrebbe limitare notevolmente la necessità di importare combustibili fossili. La produzione di energia da gas potrebbe scendere da 140 TWh (2009) a 86 TWh (2030, con il nucleare), mentre in uno scenario senza nucleare sarebbe aumentata fino a 166 TWh (2030, senza nucleare). La richiesta di energia da carbone è destinata ad aumentare, ma in misura ridotta: da 40 TWh (2009) a 60 TWh (2030, con il nucleare). In uno scenario con il nucleare, la produzione di energia da fonti rinnovabili aumenterebbe da 80 TWh (2009) a 95 TWh (2030, con il nucleare).

Emerge dunque un quadro in cui l’energia nucleare non è alternativa alle fonti rinnovabili. Ma energia nucleare ed energie rinnovabili camminano fianco a fianco per ridurre notevolmente la produzione di energia da combustibili fossili, che scenderebbe a meno del 50% della produzione totale nel 2030. A tutto vantaggio dell’ambiente, ed anche dell’indipendenza energetica del nostro paese.

Per approfondire, suggeriamo il libro “Energia in Italia: problemi e prospettive (1990 – 2020)” pubblicato dalla Società Italiana di Fisica e disponibile gratuitamente on-line: https://static.sif.it/SIF/resources/public/files/LibroBianco.pdf

Successo di pubblico per la conferenza lancio di Nucleare e Ragione

Martedì 26 Aprile si è tenuta presso il Caffè San Marco di Trieste la conferenza “Radioattività, miti e fatti di un fenomeno naturale” promossa dal Comitato Nucleare e Ragione, relatore il prof. Claudio Tuniz, direttore della Scuola Internazionale sulla Sicurezza Nucleare IAEA/ICTP di Trieste.
Circa un centinaio di persone, tra le quali diverse personalità del mondo dell’Università e della Ricerca cittadino, ma in prevalenza gente incuriosita dall’argomento e desiderosa di informarsi in materia, hanno ripercorso la storia della scoperta della radioattività e del suo utilizzo da parte dell’uomo, partendo dal lavoro pioneristico di Marie e Pierre Curie, passando per l’opera del connazionale Enrico Fermi, fino a toccare i temi dell’utilizzo dell’energia nucleare per scopi bellici e industriali ai nostri giorni.
Molte le curiosità portate all’attenzione del pubblico dal prof. Tuniz, una fra tante la vera e propria “moda” radioattiva dell’inizio del Novecento, quando si trovavano in commercio acque minerali, cioccolata e prodotti cosmetici radioattivi e gli stabilimenti termali con acque contenenti Radon erano meta di numerosi turisti.
Ampio spazio è stato concesso agli interventi del pubblico, il quale ha tuttavia preferito porre domande e considerazioni sui temi di più scottante attualità, come quelli della sicurezza nucleare e delle risorse di uranio; temi questi che, giova ricordarlo,  verranno trattati diffusamente nelle prossime conferenze, essendo l’argomento troppo vasto per essere ridotto ad una risposta di pochi minuti. Gli interventi del pubblico hanno inoltre messo in luce come a volte l’informazione su cui si basa l’opinione pubblica sia superficiale e a volte provenga da fonti inattendibili. Lo scopo del Comitato Nucleare e Ragione è anche questo, cercare di contrastare questa tendenza fornendo informazione scientifica obiettiva e di qualità. Tuttavia l’obiettivo di conciliare interventi qualificati con la semplicità divulgativa non è semplice da conseguire, specie nei tempi ridotti di una singola conferenza. Parte del pubblico ha infatti ritenuto ancora troppo specialistici gli argomenti trattati, e da più persone è stata espressa la richiesta di richiamare i concetti base della radioattività anche nelle conferenze future.
Il Comitato intende venire incontro alle esigenze espresse dal pubblico, ed in tal senso dedicherà la parte introduttiva della prossima conferenza a chiarire, con linguaggio semplice e alla portata di tutti, i concetti che più hanno destato la curiosità del pubblico di ieri: di cosa si compone l’atomo,  cosa significa “decadimento radioattivo” e come esso interagisce con l’organismo umano e con i materiali.
Vi rinnoviamo dunque l’invito a partecipare al prossimo appuntamento, martedì 10 Maggio, sul tema delle radiazioni ionizzanti in medicina. Presto troverete su questa pagina l’orario e la sede della conferenza.

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