Un parametro fondamentale per capire su quale fonte di energia sia meglio investire è il costo medio dell’energia prodotta. Ma quali sono i costi di un impianto che produce energia?
Oltre naturalmente ai costi legati alla sua costruzione e mantenimento e quelli del combustibile, vanno considerati anche costi ulteriori, legati alle tipologie degli impianti stessi (per esempio, le energie rinnovabili comportano costi di ammodernamento della rete di distribuzione), ai processi e agli strumenti per ridurre l’inquinamento (per esempio, una centrale a carbone deve ridurre il più possibile le emissioni di CO2) e anche alle misure necessarie a mitigare, nel lungo periodo, il surriscaldamento globale. Infine bisogna considerare anche i costi legati allo smantellamento degli impianti.
Nel prendere una decisione sul mix energetico di una nazione, bisogna tenere in considerazione tutti i costi connessi alle modalità di produzione. Questo è quanto potrete scoprire nel seguito.
COSTI DI IMPIANTO
Affinché un impianto produca energia, i principali costi che si devono sostenere sono quelli della manodopera, della manutenzione e del combustibile.
A questi vanno sommati i costi che riguardano la sua costruzione ossia i “costi del capitale”: il capitale viene infatti chiesto in prestito alle banche, o alle associazioni di imprese, a cui va garantito un ritorno percentuale sulla somma prestata, tipicamente tra il 3 ed il 10 % annui. Se la costruzione è in ritardo rispetto a quanto pianificato, il debito cresce per interessi e costi della manodopera extra. Il caso più critico è quello di un impianto nucleare perché le norme di sicurezza sono molto stringenti e dunque il processo di licenza dell’impianto è molto lungo e costoso. Questo può causare ritardi che si ripercuotono sul costo finale complessivo. Ciononostante, il costo medio dell’energia prodotta per un impianto nucleare è competitivo con la maggior parte delle fonti di energia attualmente disponibili.
COSTI DI CONNESSIONE
Nella valutazione delle diverse fonti energetiche è necessario tenere in considerazione anche i costi di connessione alla rete elettrica. Questi hanno una incidenza particolare nel caso delle energie rinnovabili, in ragione del fatto che la potenza prodotta da un impianto rinnovabile non è costante (e di conseguenza anche la potenza disponibile agli utenti). I costi di connessione si dividono in costi di profilo, dovuti all’oscillazione della potenza in uscita tra notte e giorno (fotovoltaico), costi di bilancio, legati alla possibilità di un’errata previsione della potenza prodotta, e in costi di ammodernamento della rete a causa di impianti localizzati in zone geograficamente poco accessibili (offshore wind). I dati sono affetti da un’incertezza molto elevata perché dipendono da diversi fattori quali il tipo di impianto, le stime del prezzo di vendita dell’energia e lo sviluppo tecnologico oggigiorno in forte espansione.
COSTI PER INQUINAMENTO DELL’ ARIA
Si stima che nel 2012 ci siano stati 3 milioni di decessi dovuti all’inquinamento dell’aria esterna, causato, per la maggior parte, dalla produzione di energia elettrica. tali decessi sono dovuti all’emissione in aria di diversi elementi come particolati di differente dimensione, ozono sul suolo terrestre, ossidi di zolfo e azoto e piombo.
Gli impianti devono pertanto dotarsi di sistemi per minimizzare il più possibile l’emissione di inquinanti e questo comporta un costo aggiuntivo di breve periodo, più o meno significativo, che grava sul costo dell’energia. La tabella accanto riporta, per ciascuna fonte energetica, il costo aggiuntivo legato alle misure di contrasto dell’inquinamento atmosferico. Per sostenere tali costi si deve utilizzare denaro normalmente investito in servizi alla popolazione e questo comporta una perdita del welfare. Si stima che nei paesi OECD il costo della perdita del welfare sia circa il 3% del Prodotto Interno Lordo. Il nucleare, assieme alle fonti rinnovabili comporta un’emissione di CO2 molto bassa rispetto alle altre fonti convenzionali come si vede dalla tabella accanto. Quindi investire nel nucleare e nelle fonti rinnovabili sarebbe la soluzione migliore non solo per affrontare il problema del surriscaldamento globale, ma anche per investire maggiormente nel welfare di uno Stato.
La tabella accanto mostra il confronto tra il numero di decessi. Si può notare come le fonti fossili siano quelle responsabili del maggiore numero di decessi, in misura incomparabilmente maggiore rispetto al nucleare, nonostante che per quest’ultimo i dati tengano conto anche dei decessi stimati per Chernobyl e Fukushima!
Le fonti rinnovabili non vengono considerate in questo report perché nel 2007 fornivano il 4% dell’energia totale ed i decessi ad esse associate erano considerati trascurabili.

COSTI LEGATI AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
I costi di lungo periodo legati all’impatto sul clima dei combustibili fossili sono molto difficili da quantificare perché tali stime sono affette da incertezza molto elevata e da una variabilità legata al progresso tecnologico e a fattori economici. Noto che l’emissione di CO2 e di altri inquinanti comporta un aumento della temperatura terrestre, si è dunque stimato l’aumento di temperatura massimo consentito che è 2 gradi centigradi. Dai grafici precedenti si evince che le emissioni di anidride carbonica dovute a un impianto nucleare sono molto basse e quindi anche i costi di abbattimento per un impianto nucleare saranno molto bassi.
COSTI LEGATI AGLI INCIDENTI GRAVI
I disastri, naturali e non, provocano una forte impressione sull’opinione pubblica. I disastri naturali sono quelli che causano i danni peggiori economici e sociali; tra i disastri di origine antropica invece, i peggiori sono quelli legati ai trasporti. Dopo questi vengono i disastri legati al settore energetico. I costi di tali disastri, tuttavia, sono di diversi ordini di grandezza inferiori rispetto ai costi operativi, proprio perché gli impianti sono progettati per essere quanto più sicuri possibile rispetto ad eventi inattesi. Spesso però l’ampia eco mediatica che questi eventi hanno crea una distorsione nella percezione di un potenziale rischio, che viene inteso come assai più probabile di quanto non sia in realtà.
OCCUPAZIONE GENERATA
Se consideriamo la manodopera in un impianto e la manifattura, il settore nucleare comporta un’intensità di lavoro maggiore rispetto alle altre fonti energetiche. Il livello di istruzione richiesto è maggiore e gli stipendi di conseguenza sono più alti e questo comporta una maggiore coesione sociale e una maggiore spinta allo sviluppo tecnologico.
COSTI DI SMANTELLAMENTO (DECOMMISSIONING)

Lo smantellamento di un impianto di produzione di potenza costituisce una voce di costo che deve essere tenuta in conto fin dalla progettazione dell’impianto. Normalmente parte dei ricavi dall’energia prodotta viene accantonata per far fronte a questa esigenza, pertanto si cerca di allungare il più possibile la vita utile degli impianti. Dalla tabella accanto è possibile affermare che in linea generale i costi maggiori sono associati allo smantellamento di impianti rinnovabili e che gli impianti a carbone sono i più onerosi tra quelli legati a fonti fossili.
Per quanto riguarda il nucleare la situazione è molto diversa per le caratteristiche stesse dell’impianto e per le norme di sicurezza da seguire necessariamente, onde evitare rischi per la popolazione e per l’ambiente. La vita media degli impianti nucleari è di 30 anni e può essere estesa per generare ulteriori ricavi. In generale, il costo medio del decommissioning di un reattore nucleare è di 500 milioni di euro di cui le voci principali sono lo smaltimento degli impianti e alla gestione del combustibile esausto. In Italia sono presenti 4 centrali (e diversi reattori di ricerca) che sono rimasti in funzione in media per 20 anni e oggi non sono ancora state completamente dismesse. Oltre ai costi per il decommissioning di questi impianti, l’Italia prevede la costruzione del Deposito Nazionale per lo smaltimento dei rifiuti. Il Piano Nazionale SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari) prevede un ammontare di 6.5 miliardi di euro da spendere fino al 2030/2035 che viene coperto dalla voce A2 della bolletta elettrica nazionale. Il costo medio annuo per utente ammonta a circa 3 euro.
FONTI
Fai clic per accedere a 7298-full-costs-2018.pdf
Fai clic per accedere a lazards-levelized-cost-of-energy-version-120-vfinal.pdf
https://ourworldindata.org/what-is-the-safest-form-of-energy
Fai clic per accedere a Schema_del_Programma_Nazionale.pdf
Fai clic per accedere a RFF20Rpt20Decommissioning20Power20Plants.pdf
Fai clic per accedere a 7201-costs-decom-npp.pdf
https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_nucleare_in_Italia
FAQ
Il nucleare è competitivo con le altre forme di energia?
Sì, perché il costo medio dell’energia prodotta è comparabile sia a quello legato alle fonti convenzionali, sia a quello di alcune fonti energetiche alternative.
Il nucleare è sicuro?
Il nucleare produce molto meno inquinanti dell’aria rispetto alle fonti energetiche convenzionali e pertanto causa meno decessi sia nel breve che nel lungo periodo (sebbene i dati tengano conto anche di quelli di Chernobyl e di Fukushima). Dunque, assieme alle rinnovabili, è la fonte energetica più sicura.
Quanto ci costa il Nucleare?
Il costo medio annuo del decommissioning degli impianti nucleari italiani ammonta a 3 euro all’anno per bolletta; la spesa complessiva prevista ammonta a 6.5 miliardi di euro (da coprire entro il 2035)