Tutte le centrali nucleari attualmente in funzione si basano su reazioni di fissioni nucleare, cioè reazioni che liberano energia a seguito della frammentazione di un nucleo pesante. È possibile anche il processo complementare: liberare energia da reazioni di fusione di due nuclei leggeri.
Come fonte energetica, la fusione nucleare offrirebbe numerosi vantaggi. La reazione sfruttata sarebbe la fusione di Deuterio e Trizio che si trasformano in un neutrone e un nucleo di Elio, rilasciando una notevole quantità di energia. Il combustibile sarebbe quindi praticamente inesauribile: il Deuterio, un isotopo dell’Idrogeno, è l’elemento più abbondante nell’universo e il Trizio va prodotto artificialmente, tramite reazioni nucleari con 3He o 6Li, elementi che anch’essi considerati inesauribili, poiché decade in un elemento più stabile in circa 12 anni. Non sarebbero quindi presenti elementi radioattivi con una vita media di migliaia di anni, derivanti dalle reazioni che coinvolgono l’Uranio nei reattori a fissione. La reazione ha una resa energetica molto elevata (1g di deuterio corrisponde a 15 tonnellate di carbone)e non causa l’emissione di CO2 o altri gas serra. Non sarebbe inoltre possibile innescare una reazione di fusione incontrollata dal momento che necessita di energia fornita dall’esterno. Per riassumere, potremmo dire che la fusione nucleare combina i vantaggi della fissione nucleare (alta resa, produzione continua e indipendente dalle condizioni esterne, assenza di emissioni) e delle fonti rinnovabili (combustibile inesauribile, assenza di scorie a lunga vita, sicurezza intrinseca).
La fusione nucleare è un processo relativamente comune nell’universo: è la fonte energetica che tiene accese le stelle. Finora l’uomo è stato in grado di controllare le reazioni di fusione per tempi molto brevi, pochi secondi al massimo. Il principale ostacolo da superare prima di arrivare a realizzare un reattore a fusione è dato dall’estrema complessità fisica ed ingegneristica, che si traduce in costi elevati e lunghe tempistiche di progettazione e realizzazione. La complessità dipende dalla fisica stessa delle reazioni di fusione nucleare. Infatti, affinché queste avvengano, i nuclei devono possedere un’energia cinetica (e quindi una temperatura) abbastanza elevata da vincere la repulsione elettromagnetica che si instaura tra due cariche elettriche dello stesso segno. Le temperature richieste sono di centinaia di milioni di gradi: a queste energie, il combustibile nucleare si trova nello stato di plasma, uno stato di aggregazione della materia in cui le componenti stesse degli atomi vengono scomposte, in nuclei (ioni) ed elettroni. Controllare, confinare e stabilizzare un plasma da fusione è una sfida notevole che va ad aggiungersi ai molteplici aspetti delicati che riguardano la gestione di una centrale di produzione di potenza. Il lato positivo derivante dalle esigenti condizioni per dare luogo alla fusione è l’impossibilità di perdere il controllo del processo sfruttato. Una centrale a fusione sarebbe priva di fenomeni che potrebbero causare un aumento incontrollato della temperatura, ipoteticamente responsabile di pericolose esplosioni chimiche.
Ci sono due strategie principali per affrontare questa sfida: generare un plasma ad elevata densità usando potenti impulsi laser, senza provvedere un confinamento esterno (fusione a confinamento inerziale, ICF), oppure confinare un plasma meno denso usando campi magnetici esterni (fusione a confinamento magnetico, MCF). Per entrambe le strategie sono stati sviluppati ambiziosi programmi di ricerca ed erogati cospicui finanziamenti, anche da parte di privati che non vogliono perdersi la corsa verso l’ “accensione del sole sulla terra”.
L’Italia è in prima fila attraverso EUROfusion, il consorzio europeo per lo sviluppo della fusione nucleare che sta partecipando (insieme a Cina, Russia, Giappone, USA e Corea del Sud) alla costruzione di ITER, il più importante esperimento di fusione a confinamento magnetico mai realizzato.
Il reattore sperimentale ITER, una macchina a confinamento magnetico di forma toroidale chiamata “tokamak”, è attualmente in costruzione a Cadarache, nel Sud della Francia. L’esperimento ha l’obiettivo principale di dimostrare che è possibile ottenere tramite fusione nucleare una energia maggiore di quella spesa per innescarla. Sarà inoltre un’occasione senza precedenti per studiare il comportamento di un plasma di dimensioni comparabili a quelle di una futura centrale a fusione. Il processo per produrre effettivamente energia elettrica a partire dall’energia termica prodotta dalla fusione verrà sperimentato successivamente nei diversi paesi che stanno partecipando all’esperimento. L’ITER research plan prevede di realizzare il primo plasma nel 2025 e di inserire il Trizio nel 2035. Nel mentre, la EU fusion road map ha stabilito la necessità di avviare diversi esperimenti per indagare questioni a cui ITER non sarà ancora capace di rispondere. Si tratta in particolare di ottimizzare il design di DEMO, il primo prototipo di una vera e propria centrale a fusione nucleare. In Italia, a Frascati, verrà costruito il tokamak DTT per testare il “divertore” di DEMO, un componente cruciale che sarà soggetto al maggior carico termico.
Il cammino per arrivare ad avere reattori a fusione in grado di sopperire alle necessità energetiche del pianeta è ancora lungo ed è pertanto necessario adottare soluzioni che, nel presente, rispondano alla domanda energica salvaguardando il pianeta. Tuttavia, sebbene le sfide scientifiche e ingegneristiche siano grandi, è certamente un cammino che vale la pena di percorrere: la fusione nucleare è una delle più promettenti soluzioni energetiche per il futuro dell’umanità.
FAQ
- La fusione nucleare è pericolosa?
Nulla può essere definito completamente sicuro. La pericolosità di una tecnologia è fortemente legata alla previsione e alla gestione degli eventi accidentali. La fusione potrebbe comunque essere considerata sicura poiché intrinsecamente priva della possibilità che una reazione ne induca un’altra in modo incontrollato, come potrebbe invece accadere per le reazioni di fissione. Nonostante questa possibilità sia praticamente trascurabile anche in una centrale a fissione, grazie ai moderni sistemi di sicurezza, la totale assenza di questa eventualità può essere ritenuta rassicurante.
- La fusione implica l’utilizzo di qualcosa di radioattivo?
Sì, anche se in quantità decisamente inferiori alle centrali a fissione. Il Trizio, un elemento del combustibile, è radioattivo. Ovvero, dopo circa 12 anni, un neutrone si trasforma in un protone emettendo un elettrone. Sebbene la radiazione elettronica possa essere considerata biologicamente meno dannosa se paragonata a quella emessa dagli elementi derivanti dall’Uranio, una centrale a fusione soffrirebbe di problematiche simili alle attuali centrali a fissione. Infatti nelle centrali tradizionali, gli elementi radioattivi, ovvero instabili e con possibilità di liberare energia per stabilizzarsi, sono generati sia dalla scissione dell’Uranio, assente nelle centrali a fusione, sia dalla cattura di un neutrone da parte dell’Uranio stesso e degli elementi presenti nella componentistica dell’impianto a contatto con il combustibile. Quest’ultima problematica persisterebbe poiché anche le reazioni di fusione producono neutroni. Complessivamente la quantità di rifiuti radioattivi da trattare diminuirebbe a causa dell’assenza dei prodotti di fissione e degli elementi transuranici e dall’assenza di acqua come refrigerante che cattura neutroni con elevata probabilità.
- Perché investire sulla fusione nucleare se esistono le rinnovabili?
Il principale problema dell’energia rinnovabile è la variabilità della potenza prodotta. L’osservatorio FER di Anie Rinnovabili afferma che in tutta Italia la potenza complessiva (eolico, solare, idroelettrico, biomasse) fornita è pari a 57 GW, quindi quasi corrispondente al picco di potenza storicamente richiesto dalla rete nazionale. In realtà la frazione di potenza disponibile è pari a circa il 50% per l’eolico e il 25% per il solare, ovvero bisognerebbe installare almeno il doppio del fabbisogno energetico se si volesse produrre energia solo attraverso fonti rinnovabili. Infatti, nel 2017 (Dati storici (pdf)) più del 60% dell’energia utilizzata deriva da combustibili fossili. Una produzione energetica unicamente rinnovabile, oltre a risultare complessa da mettere in pratica a causa della vasta superficie da dedicare e dall’ingente quantità di materiali, non facilmente riutilizzabili, impiegata, risulterebbe in uno spreco dell’energia prodotta in condizioni di massimo carico. La possibilità di immagazzinare energia è fortemente limitata dalle limitazioni tecnologiche delle attuali batterie, inoltre prodotte con materiali rari ed inquinanti.
Per un’ottimale gestione energetica è fondamentale disporre di una tecnologia compatta e che eroghi una potenza controllabile. Se è necessario limitare le emissioni di CO2, questa tecnologia dovrebbe essere l’attuale tecnologia a fissione per rispondere a un’esigenza immediata che, in futuro, potrebbe essere sostituita dalla fusione, preferibile per la minore quantità di rifiuti da smaltire e l’inferiore necessità di sistemi di sicurezza.
- In Italia si svolge ricerca sulla fusione?
Sì! A Padova presso il centro RFX, a Milano al Centro di Fisica dei Plasmi e a Frascati presso l’Enea sono installate macchinari sperimentali per lo studio dei plasmi e dei materiali da impiegare in una centrale a fusione. Presso diverse università e centri di ricerca sono in corso studi teorici di fisica e ingegneria finalizzati alla progettazione delle future centrali a fusione. Presso il centro ENEA di Frascati è prevista la costruzione di un Tokamak (DTT) per testare i target su cui dovrebbe esserci il maggior carico di potenza termico.
E perché non facciamo la fusione fredda?
Per essere sintetici, perché la fusione fredda è una fake news. Nel 1989 due scienziati piuttosto noti dichiararono di aver prodotto energia da fusione in una semplice cella elettrochimica dove era presente del deuterio. La notizia ebbe un clamoroso riscontro mediatico, ma nessun altro gruppo di ricerca fu in grado di replicare i risultati. La notizia si sgonfiò dopo pochi mesi e da allora la fusione fredda è considerata con grande scetticismo da parte della comunità scientifica. Ci sono ottime ragioni scientifiche per pensare che la fusione fredda sia impossibile (escludendo la “fusione catalizzata da muoni”, che è tutta un’altra faccenda, è reale e misurata, ma non può essere usata per produrre energia). Ogni tanto qualcuno prova a sostenere di aver trovato la fusione fredda, ma nessuna ricerca indipendente ha mai avallato questi risultati.