Quale torta ti piace di più?

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Una delle comuni argomentazioni di chi si oppone alla possibilità che l’Italia riconsideri l’opzione nucleare, riguarda la questione della “dipendenza energetica”: installare nuovi impianti di produzione elettrica mediante fissione nucleare, si dichiara, non ridurrebbe la dipendenza del nostro paese dagli stati esteri, in quanto vi sarebbe la necessità di importare l’uranio, di cui il nostro territorio è sostanzialmente privo.

Questa affermazione, pur essendo oggettivamente corretta, risulta essere però incompleta e soprattutto non centra il cuore del problema. Innanzitutto bisogna sottolineare come il combustibile incida nelle centrali nucleari solo per il 5% del costo complessivo finale dell’energia elettrica, mentre tale quota sale al 40% e al 70% per una centrale a carbone o a gas naturale (o petrolio). Ciò significa che eventuali oscillazioni sfavorevoli del prezzo della materia prima si ripercuotono in maniera molto ridotta nel caso nucleare, rendendo perciò più stabile il mercato energetico.

Il punto fondamentale, però, riguarda la non corretta comprensione del concetto di dipendenza energetica: non potendo l’Italia fare a meno di importare combustibili fossili per produrre elettricità, per il riscaldamento o per il proprio sistema di trasporti, può però mitigare la propria vulnerabilità diversificando le fonti da cui attingere. Gli investimenti azionari o i piani di accumulo che le banche generalmente propongono ai propri clienti hanno come punto di forza proprio il concetto di diversificazione: nessun pacchetto prevederà mai titoli provenienti da un unica azienda o da un unico settore industriale, proprio per prevenire lo spiacevole inconveniente che il fallimento di una società o la crisi di un determinato comparto facciano perdere completamente il capitale investito. Per esempio, dividere il capitale in 10 parti riduce notevolmente i rischi, in quanto il fallimento di una società determinerebbe la perdita soltanto del 10%.

Con le fonti energetiche bisogna ragionare esattamente allo stesso modo: un mix di approvigionamento fortemente sbilanciato rende il paese molto debole, soggetto alle speculazioni del mercato, delle lobbies, o alle instabilità geopolitiche ed economiche, su scala planetaria o relativamente ai singoli stati fornitori. Si pensi a quanto sta accadendo in questi mesi in Libia (da cui importiamo notevoli quantità di petrolio) e nei paesi del Nord Africa in generale. Si pensi alle condizioni ancora non perfettamente stabili, dal punto di vista economico e democratico, nell’area ex-sovietica, da cui proviene il maggior quantitativo di gas metano. Vi è poi il Medio-Oriente, costante teatro di guerre e tensioni.

L’auspicio di tutti è che in un futuro non troppo lontano ogni paese sia in grado di sostenere il proprio fabbisogno esclusivamente con le energie rinnovabili. Questo traguardo è però ancora piuttosto lontano, dal punto di vista tecnologico ed economico. Alla luce di quanto detto precedentemente, nel cammino di avvicinamento a questo risultato ogni paese non può esimersi dal predisporre una strategia che contempli una combinazione di fonti energetiche il più possibile variegata e multiforme. Vediamo quali sono le condizioni di alcuni tra i principali paesi europei, inclusa l’Italia, relativamente alla produzione di energia elettrica in termini delle varie fonti energetiche: i dati risalgono al 2005 ma non sono molto dissimili da quelli attuali.

Produzione_energetica

Risulta facile notare come le situazioni meno convincenti, dal punto di vista della diversificazione, siano quelle della Francia, in cui quasi l’80% dell’energia proviene dal nucleare, e l’Italia, in cui il 50% dell’elettricità è prodotto con il gas naturale. Germania, Spagna e Regno Unito presentano invece un mix ragionevolmente equilibrato, che le mette al riparo da conseguenze drammatiche nel caso una delle fonti dovesse essere per qualche motivo sostituita in tempi brevi. Cosa accadrebbe invece all’Italia se da un giorno all’altro gli stati dell’Europa dell’Est (come tra l’altro già minacciato qualche inverno fa) decidessero di chiudere repentinamente i rubinetti dei gasdotti che giungono fino al nostro paese? 
Nell’ottica di una eventuale crisi internazionale, un ulteriore aspetto da considerare riguarda le modalità con cui i singoli stati sono in grado di dotarsi di una riserva energetica strategica, per fronteggiare eventuali drastiche riduzioni delle importazioni di materie prime: pochi metri cubi di uranio in questo caso possono garantire un’autonomia che richiederebbe invece volumi di stoccaggio incommensurabilmente maggiori nel caso di gas e petrolio. L’Italia attualmente, in caso di interruzione delle importazioni, sarebbe infatti in grado di soddisfare le richieste energetiche interne solamente per poche settimane. 

Alla luce di tutto questo, ecco dimostrato come il nucleare, seppur non rappresentando la soluzione definitiva e completa ai problemi energetici italiani, potrebbe costituire una delle soluzioni più ragionevoli per contribuire a rendere meno pesante la dipendenza dall’estero.

Per maggiori informazioni:
SIF (Società Italiana di Fisica), Energia in Italia: problemi e prospettive (1990-2020)
http://www.sif.it/SIF/resources/public/files/LibroBianco.pdf

 

Una opinione su "Quale torta ti piace di più?"

  1. una semplice domanda: se la francia, con all’incirca 59 centrali nucleari attive, copre il 76% del suo fabbisogno energetico (e resta quindi significativamente dipendente dalle importazioni di gas metano e petrolio), cosa pensiamo di risolvere noi italiani con 12 centrali che saranno operative in un tempo enorme, entro il quale sicuramente saranno già obsolete e superate?e un altra domanda: chi si offre di tenere una centrale nucleare in giardino, siccome l’italia, per sua conformazione geografica (lunga e stretta, montagnosa al centro) non offre la possibilità di collocare i siti nucleari in ampie aree ragionevolmente distanti dalle città? Io abito proprio in una città nel cuore nell’unica ampia pianura d’Italia, la pianura Padana. Provate anche solo a passarci in macchina, sull’autostrada, e vedrete che è interamente costruita, abitata, industrializzata e coltivate. A questo punto, rimangono le pianure in prossimità del mare. Ma che bella idea! Uccidiamo definitivamente una risorsa importante come il turismo, aggiungiamo altri ecomostri a quelli che già devastano i nostri magnifici paesaggi.La risposta non è quella di investire sul passato, cosa che faremmo scegliendo il nucleare. Ma guardare avanti, essere un paese all’avanguardia, per la prima volta nella nostra storia. Investire sul futuro. Non in tecnologie potenzialmente distruttive e incredibilmente costoso, attorno alle quali si sono già formati massicci interessi economici di americani e francesi che fanno a gara per venirci a costruire le centrali in casa (si vedano gli articoli su L’Espresso di qualche mese fa, non ricordo esattamente quale purtroppo).

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