Transizione energetica e nucleare: una replica basata sui fatti

a cura di Simone Batori

Un tema così complesso e articolato come quello della transizione energetica deve essere affrontato con serietà e rigore, per questo il Comitato Nucleare e Ragione, associazione che dal 2011 si dedica a fornire una chiara divulgazione scientifica in merito alle tecnologie nucleari, ha voluto replicare punto per punto alle affermazioni apparse il 15/12/2025 nella Cronaca di Terni del Corriere dell’Umbria, a firma di AVS Terni.

Le argomentazioni trattate nella nota di AVS Terni sono le seguenti:

[1] Il nucleare non è un’energia verde
Il nucleare non è un’energia verde, dal momento che, come tutti sembrano dimenticare, in Italia non è stato ancora individuato un sito sicuro per smaltire le scorie.

[2] Ci sono già stati due referendum
Ci sono stati già due referendum sulla possibilità di ospitare in Italia impianti nucleari.

[3] Il nucleare è legato all’economia di guerra
Il ritorno al nucleare si registra quando abbiamo deciso di investire in un’economia di guerra, di corsa agli armamenti.

[4] I mini reattori (SMR) saranno costosi, inefficaci e tossici
I mini reattori sforeranno tempi e costi, saranno inefficienti e procureranno ancora più intossicazione ambientale e nessuna garanzia per la riduzione dei costi delle bollette (Rapporto Banca d’Italia Giugno 2025).

[5] Servono 10-19 anni, ma il problema è adesso
Per giungere alla piena operatività, il nucleare ha bisogno dai 10 ai 19 anni, ma il problema energetico è adesso.

[6] L’investimento nel nucleare toglie risorse alle rinnovabili
L’investimento negli SMR distoglierebbe risorse da tecnologie a zero emissioni di carbonio e a basso costo, come eolico, solare, idroelettrico, geotermico.

[7] Nucleare dipendente dalle multinazionali vs. Rinnovabili democratiche
L’energia nucleare crea ancora dipendenza dalle multinazionali mentre le rinnovabili sono democratiche, ciascuno è proprietario della propria energia.

Ecco come il Comitato Nucleare e Ragione replica, punto per punto a queste affermazioni.

1. Il nucleare non è un’energia verde

Innanzitutto, in questa argomentazione è la definizione di “verde” ad essere travisata. Per l’Unione Europea una tecnologia è “verde” (ossia sostenibile dal punto di vista ambientale) se viene dimostrato che non arreca danno significativo a nessuno dei sei obiettivi ambientali della Tassonomia Europea per la Finanza Sostenibile (principio “Do No Significant Harm”). Il fatto stesso che il nucleare, in seguito al rapporto del JRC, sia stato inserito dall’UE nella Tassonomia lo qualifica come ambientalmente sostenibile e, quindi, finanziabile con fondi UE. 

L’assenza in Italia di un deposito nazionale dei rifiuti radioattivi è una complicazione politico-amministrativa, non un limite tecnologico dell’energia nucleare. Paesi come Finlandia e Svezia hanno realizzato o stanno realizzando depositi geologici profondi considerati sicuri. Il volume di rifiuti ad alta attività prodotto dal nucleare civile è estremamente ridotto rispetto ai rifiuti tossici industriali che gestiamo quotidianamente senza lo stesso allarme sociale. Inoltre, la tecnologia per lo stoccaggio già esiste come dimostrano gli impianti in Francia, Svizzera o Paesi Bassi. Infine, i reattori di quarta generazione potrebbero riutilizzare parte delle scorie attuali come combustibile.

2. Ci sono già stati due referendum

I contesti storici e le urgenze cambiano; un referendum abroga una legge, non vieta una tecnologia per l’eternità.
I referendum del 1987 si svolsero sull’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl, il loro esito non vietava il nucleare in sé, ma abrogava norme specifiche (come i contributi agli enti locali). Fu una decisione politica successiva a decretare, nel 1990, la chiusura definitiva degli impianti e ad avviarne lo smantellamento.
Il referendum del 2011 si celebrò a pochi mesi dall’incidente alla centrale giapponese di Fukushima Daiichi, in un clima di fake news e in assenza di un dibattito equilibrato e informato sulle reali conseguenze dell’incidente e sui progressi delle tecnologie nucleari, soprattutto dal punto di vista della sicurezza.
Oggi il contesto è totalmente cambiato: la crisi climatica incalzante, le problematiche relative alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici (dipendenza dal gas russo) e i costi dell’energia, nel 2011 erano percepiti diversamente. Le decisioni scientifiche e strategiche di lungo periodo devono quindi essere riconsiderate alla luce delle nuove tecnologie (generazione III+ e IV, SMR e AMR) e delle nuove necessità (obiettivi Net Zero 2050).

3. Il nucleare è legato all’economia di guerra

Questa è una correlazione spuria. Il ritorno al nucleare in Europa è motivato principalmente dalla crisi energetica seguita alla guerra in Ucraina e dalla necessità di decarbonizzazione.
La tecnologia nucleare civile è distinta da quella militare, e paesi fortemente antinucleari militarmente (come la Germania) hanno avuto programmi civili. Il combustibile per i reattori civili richiede un arricchimento dell’uranio al 3-5% (o fino al 20% per alcuni SMR/AMR), mentre per gli armamenti atomici serve arrivare a oltre il 90%. Le filiere industriali sono completamente differenti. Molti Paesi con programmi di sviluppo nucleare civile (Finlandia, Svezia, Svizzera, Giappone) non hanno armi nucleari. Al contrario ci sono due Paesi che possiedono armi nucleari (Israele e Corea del Nord) senza avere un programma civile. Infine, è proprio l’indipendenza energetica garantita dal nucleare a contribuire a ridurre le tensioni geopolitiche legate all’approvvigionamento di gas e petrolio, che sono spesso causa di conflitti.

4. I mini reattori (SMR) saranno costosi, inefficaci e tossici

Questa visione ignora l’obiettivo industriale degli SMR e usa termini emotivi (“intossicazione”) slegati dai dati radiologici.
La promessa degli SMR non sta nella grandezza, ma nella modularità. Costruirli in fabbrica e assemblarli in loco mira proprio ad abbattere i costi e i tempi che affliggono i grandi reattori costruiti “su misura”, specialmente in Europa e USA dove, per ragioni prevalentemente ideologiche, si è smesso di costruirli.
Gli SMR (anche quelli di generazione III+) sono progettati con sistemi di sicurezza passiva (in caso di necessità entrano in funzione da soli, in base a principi fisici e naturali, senza necessità di intervento umano o azioni attive) e molti design di generazione IV riciclano il combustibile esausto, riducendo la radiotossicità delle scorie a lungo termine.
Infine, in merito al Rapporto della Banca d’Italia: il documento citato evidenzia criticità economiche di cui è giusto prendere atto, ma le proiezioni economiche variano enormemente a seconda del tasso di sconto applicato e del prezzo di gas naturale / crediti carbonio / cattura CO2 previsto, ed è inoltre doveroso distinguere tra il costo di produzione (che interessa principalmente il singolo produttore e viene sintetizzato con la metrica del LCOE) dal prezzo in bolletta (che interessa tutti i consumatori) e che tiene conto di domanda ed offerta (dove mix energetico e capacity factor delle fonti di produzione incidono) e comprende oltre ai costi di produzione anche altri costi come il dispacciamento e altri oneri di sistema (costo delle infrastrutture di rete necessarie per utilizzare e garantire l’efficacia di una produzione aleatoria di energia diluita nei tempi e negli spazi come quella delle rinnovabili non programmabili).
Il nucleare serve quindi come “assicurazione” sul prezzo stabile dell’energia, cosa che né gas né rinnovabili non programmabili possono garantire.

5. Servono 10-19 anni, ma il problema è adesso

La transizione energetica non finisce nel 2030; guardare solo al breve termine è l’errore che ci ha portato alla crisi attuale.
Se avessimo ragionato con un’ottica di lungo periodo 15 anni fa, senza farci condizionare da fake news e suggestioni emotive, oggi avremmo potenzialmente già le prime centrali nucleari in funzione.
Il fabbisogno di elettricità raddoppierà entro il 2050 (a seguito degli aumenti di consumi legati al trasporto elettrico, al riscaldamento domestico, ai datacenter…). Le fonti rinnovabili possono coprire parte di questa crescita, ma serve anche una base stabile che integri la produzione intermittente.
Il momento migliore per piantare un albero era vent’anni fa, il secondo momento migliore è oggi. Non iniziare perché “ci vuole tempo” garantisce solo di non avere mai la soluzione.
La transizione energetica non è una gara di sprint, ma una maratona.

6. L’investimento nel nucleare toglie risorse alle rinnovabili

Nucleare e rinnovabili sono fonti complementari, non alternative. Le risorse vanno sottratte ai fossili, non alle altre tecnologie green.
Eolico e solare sono intermittenti. Senza una base stabile (baseload), per ogni GW di rinnovabili non programmabili bisogna installare centrali a gas di backup o sistemi di accumulo (batterie), che oggi hanno costi proibitivi e impatti ambientali enormi per l’estrazione di litio e cobalto. Tutti gli scenari autorevoli (IEA, IPCC) per raggiungere le zero emissioni nette (Net Zero) prevedono un mix di rinnovabili e nucleare. Il nucleare infatti riduce la necessità di sovradimensionare l’infrastruttura di trasporto (rete elettrica), di mantenere riserve di produzione (accumuli) e permette di assicurare bilanciamento e inerzia (evitando pericolosi blackout come quello del 28 Aprile 2025 nella Penisola Iberica). Si tratta di notevoli investimenti che sono dovuti all’incapacità strutturale delle rinnovabili aleatorie di garantire una produzione di energia costante nel tempo e resiliente (ossia in grado di rispondere a variazioni repentine della domanda), investimenti che, come segnalato recentemente anche da TERNA, fanno crescere in maniera esponenziale i costi marginali delle rinnovabili non programmabili quando la loro concentrazione in rete aumenta oltre una certa soglia.

7. Nucleare dipendente dalle multinazionali vs. rinnovabili democratiche

Anche le rinnovabili dipendono da filiere globali concentrate (spesso in Cina) e la “democrazia energetica” non può sostenere l’industria pesante.
La quasi totalità dei pannelli fotovoltaici, delle batterie e dei magneti per l’eolico viene prodotta o raffinata in Cina. È una dipendenza geopolitica tanto quanto quella dell’uranio (che però è reperibile in Paesi politicamente stabili come Canada e Australia, si può stoccare per anni e rappresenta solo una piccola frazione (4-5%) del costo di generazione).
L’idea che “ciascuno è proprietario della propria energia” funziona per una villetta, ma non può riguardare acciaierie, ospedali, ferrovie o città densamente popolate. Un paese industriale ha bisogno di una rete nazionale robusta, che è intrinsecamente gestita centralmente per garantire stabilità e frequenza. E se c’è una città prettamente industriale in Italia questa è Terni, i cui poli siderurgico e chimico trarrebbero indubbi vantaggi da un ritorno al nucleare in Italia: sia per la sicurezza e i costi dell’approvvigionamento energetico, che per il ruolo fondamentale che l’industria ternana potrebbe avere nello sviluppo e costruzione delle infrastrutture.

In Memoria di Renato Angelo Ricci: l’eredità di chi non ha mai smesso di credere nel nucleare

di Pierluigi Totaro

Il 5 dicembre scorso è venuto a mancare, all’età di 98 anni, il prof. Renato Angelo Ricci, uno dei padri della spettroscopia nucleare in Italia.

Il Professor Ricci ha avuto una carriera accademica di altissimo profilo, ma desideriamo ricordarlo in particolare per essere stato tra i pochissimi scienziati che, anche dopo l’esito referendario del 2011, continuarono a impegnarsi per tenere viva la speranza di un possibile ritorno dell’energia nucleare nel nostro Paese.

Fu tra i primi a credere nel progetto del Comitato Nucleare e Ragione e a sostenerne con convinzione le iniziative. Nel 2012, in qualità di presidente dell’associazione Galileo 2001, aderì al nostro appello pubblico per la convocazione di una Conferenza Nazionale sull’Energia, e si adoperò affinché anche la Società Italiana di Fisica e l’Associazione Italiana Nucleare – di cui era presidente onorario – facessero altrettanto. Fu quello un primo tentativo, per quanto a ragion veduta molto velleitario, di riportare all’attenzione dei media e della classe politica la necessità di approcciare il problema energetico con razionalità e senza ideologie, dando voce e credito alla comunità tecnico-scientifica.

Nel giugno 2013 andammo a trovarlo ai Laboratori INFN di Legnaro, da lui ancora assiduamente frequentati nonostante l’età avanzata. Pranzammo insieme. Fu un incontro piacevole, cordiale ed estremamente significativo, ma anche dal sapore agrodolce. Ricci sentiva il peso della solitudine e il fallimento della sua generazione, la quale aveva contribuito a portare l’Italia in prima linea tra le Nazioni all’avanguardia nelle tecnologie nucleari, ma al tempo stesso si era resa responsabile di aver fatto troppo poco per impedire che un simile patrimonio andasse perduto.

Dalle sue parole traspariva l’amara consapevolezza che quasi certamente non avrebbe potuto vivere abbastanza per veder riparato il danno. Al contempo, lodava noi ragazzi che eravamo venuti a trovarlo, e la nostra determinazione non ancora intaccata.

Interpretammo quell’incontro come un implicito e silenzioso passaggio di testimone.

Nel gennaio 2019 il Consiglio Direttivo del Comitato Nucleare e Ragione decise di conferire al prof. Ricci la qualifica di Socio Onorario, titolo con il quale è rimasto membro dell’associazione fino alla sua scomparsa della scorsa settimana.

Del prof. Ricci conserveremo l’eredità della sua tenace energia, l’onestà intellettuale e la ferma intenzione di non arretrare nemmeno di fronte alle cause (apparentemente) perse.

Buon viaggio prof. Ricci. Il nostro impegno prosegue senza sosta, e le centrali nucleari le costruiremo anche per lei.
E’ una promessa.

Rinnovabili e nucleare sono incompatibili?

di Emiliano Barin

Riproponiamo questo articolo pubblicato originariamente su Rivista Energia. Ringraziamo l’autore. Per un approfondimento completo: Post Normal Times.



Un recente articolo di Montel News sostiene che le strategie divergenti di Germania e Francia esemplificano lo stravolgimento di una ormai datata gerarchia delle risorse per un mercato distribuito guidato dall’offerta, rivelando come nucleare e rinnovabili sarebbero incompatibili nei mercati dell’elettricità.

Tuttavia, questa affermazione è in contrasto con la “logica di sistema” che, per definizione, porta a diversi risultati ottimali in base a vincoli e condizioni differenti. Nel contesto delle reti elettriche significa adottare un approccio olistico alla pianificazione, ottimizzazione e gestione di tutti i componenti (generazione, domanda, trasmissione, distribuzione) per raggiungere obiettivi come decarbonizzazione, affidabilità ed efficienza economica. Pertanto, non esiste un percorso unico.

Incompatibilità nucleare/rinnovabili? Un’inquadratura più appropriata

Gli impegni di decarbonizzazione hanno portato a sostanziali incentivi alle fonti rinnovabili intermittenti (VRE) negli anni 2000-2010, con la maggior parte della capacità installata ancora sotto contratti di sostegno pubblico nella maggior parte dell’UE e fortemente distorta da feed-in tariff (FIT) precoci e costosi. In Germania, ad esempio, impianti del 2008-2012 rappresentano ancora la metà delle spese di sovvenzione.

Ciò ha portato ad un rapido sviluppo delle industrie fotovoltaica ed eolica con significativi cali di costo, ma le tecnologie più economiche di oggi richiedono garanzie di reddito nella maggior parte dei mercati a causa della cosiddetta “cannibalizzazione”, ovvero il rapido calo dei prezzi catturati (valore ponderato in base al volume che un generatore riceve per l’elettricità venduta nel mercato spot in un periodo specifico) causato dalla capacità incentivata più costosa.

Pertanto, “la realtà di oggi” sta nel valutare costi e benefici netti per i consumatori dei diversi investimenti: poiché la capacità di carbone e gas fissa ancora il prezzo marginale per molte ore dell’anno in più mercati, recenti aste governative per solare ed eolico a costi inferiori alla media spot sono un vantaggio netto.

Tuttavia, presumere che questo equilibrio sia garantito nel tempo non sembra prudente o logico date le condizioni e esigenze del sistema in evoluzione, come ad esempio:

  • curva del carico residuo all’aumentare della penetrazione di generazione a costi marginali zero;
  • andamenti della domanda stagionale man mano che veicoli elettrici, pompe di calore e altri carichi si aggiungono alla rete;
  • disponibilità della flotta programmabile tra dismissioni, ammodernamenti e nuove risorse;
  • requisiti di aumento della rete elettrica in base allo sviluppo dei punti precedenti.

Francia vs Germania: sotto la lente d’ingrandimento

Nel biennio 2023-24, i costi dei servizi di sistema e le tariffe di rete mostrano dinamiche divergenti in Francia e Germania:

Sebbene le bollette residenziali non siano sempre la miglior metrica per confrontare i costi totali, la direzione generale è difficile da contestare: il mix di risorse francese sembra aver meglio assorbito l’aumento VRE rispetto all’area Germania, Austria e Lussemburgo (DE-AT-LU).

Inoltre, uno studio pubblicato nel settembre 2024 quantifica costi e benefici netti di un ipotetico rinvio della dismissione degli ultimi reattori tedeschi per i primi mesi del 2023. Ne risulta che un maggior “carico di base” (baseload) garantito dal nucleare avrebbe comportato una riduzione dei costi totali del sistema.

Meno flessibile vs non così complementare

“La flessibilità tecnica del nucleare è possibile ma costosa e ha limiti rigidi” sostiene Josephine Steppat su Montel. Una sentenza eccessivamente pessimista, in netto contrasto con i preziosi spunti offerti dall’esperienza europea:

Al contrario, “I produttori generano più energia rinnovabile durante il giorno dal solare e di notte dal vento” è una semplificazione. Un’analisi di Julien Jomaux riassume come la complementarietà eolica e solare dipenda dalla risoluzione spaziale e temporale in esame (oltre a potenziale geografico): forte su scala stagionale e nazionale, meno su base oraria e nodo di rete!

Questo evidenzia le sfide che un sistema basato su VRE incontrerà nello sviluppare, dimensionare e localizzare:

  1. un portafoglio adeguato di risorse di stoccaggio per sfruttare eccessi di generazione rinnovabile altrimenti tagliati (e conseguenti prezzi nulli o negativi) e ridurre entità e frequenza degli eventi di scarsità (e conseguenti rischi di picchi di prezzo);
  2. l’espansione della rete di trasmissione HV e migliore monitoraggio di quella di distribuzione, poiché l’aumento dei flussi bidirezionali della generazione solare residenziale ne renderà più complessa la previsione e gestione;
  3. l’infrastruttura del gas per adeguatezza e sicurezza operativa, che si tratti per scopi di picco o un contributo più stabile (e se sarà fossile, con Ccus, o un e-fuel).

Migliorare l’approccio alla “logica di sistema”

Il nucleare rimane un complemento imperfetto agli occhi di molti a causa del suo profilo economico, dominato dall’investimento ad alta intensità di capitale durante la fase di costruzione. Questo è in netto contrasto con ciò che idealmente equilibrerebbe le VRE sulla carta, ovvero una risorsa molto flessibile che produce a pieno carico durante i momenti di bassa generazione rinnovabile (come le open-cycle gas turbines, OCGT), più competitiva quanto più bassi sono i propri costi fissi.

Tuttavia, questo approccio sembra riflettere maggiormente una “dipendenza di percorso” che una “logica di sistema”: non vi è garanzia che tale strategia risulti nella più alta probabilità di minori spese totali di sistema, specialmente per quel che riguarda la decarbonizzazione dell’ultimo 10%, quello più complicato e costoso. Molteplici ricerche confermano questa incertezza.

Jesse Jenkins, professore associato all’Università di Princeton che guida il laboratorio sull’ottimizzazione dei sistemi macro energetici, ha coniato un’utile classificazione che descrive le 3 categorie di risorse necessarie per sistemi elettrici a basse emissioni: che fanno risparmiare carburante (ovvero rinnovabili intermittenti), “a risposta rapida” (ovvero risorse di bilanciamento), e “stabile” (ovvero le fonti low carbon che garantiscono una produzione continua).

La differenziazione tra risorse “stabili” e non è al nocciolo della questione: l’intero corpo di ricerca suggerisce che un portafoglio di opzioni tecnologiche – non solo quelle che meglio si adattano al profilo VRE – è ideale su un fronte puramente economico.

Uno studio recente esemplifica questo concetto per il nucleare, quantificando costi e benefici per l’interconnessione orientale negli Stati Uniti. Sebbene mirati a valutare la competitività di nuovi reattori, i risultati operativi del dispacciamento sono significativi a questa discussione, poiché evidenziano i compromessi tra 1 GW di nucleare e il portafoglio di risorse che sostituisce: secondo la classificazione di Jenkins, le “fuel saving” (le rinnovabili intermittenti), le batterie a “risposta rapida” e CCGT e OCGT “stabili”. Per essere più economico a livello di sistema, la somma dei costi per capacità e energia deve essere inferiore alle spese delle risorse rimpiazzate.

Compromessi fuori analisi

Se ciò non bastasse per supportare la possibile compatibilità tra (e competitività di) rinnovabili variabili e generatori stabili con alto Capex e basso Opex, ulteriori considerazioni rafforzano i compromessi con le soluzioni sostitutive:

  1. meno risorse stabili implicano una maggiore espansione della trasmissione per meglio bilanciare carico regionale, potenziale rinnovabile e variabilità intrinseca. L’esecuzione dei più grandi progetti infrastrutturali influenza direttamente l’efficace implementazione delle VRE (curtailment, re-dispatch, capacità di trasporto).
  2. l’inferiore risoluzione spaziale, temporale e operativa dei modelli attuali rispetto a reali dinamiche di rete sopravvaluta la fattibilità delle decisioni di capacità, con conseguente sottovalutazione di congestione, curtailment e energia non servita poiché eolico e solare sono raggruppati in centri economici ma non consegnabili.
  3. per risultati più affidabili, ricerche future mirano a includere modelli che rispecchiano più accuratamente le dinamiche di rete, come analisi SCOPF (flussi di potenza ottimale con vincoli di sicurezza); uno dei più grandi operatori della rete elettrica degli Stati Uniti, Miso, ha utilizzato un approccio simile nella valutazione dell’impatto dell’integrazione rinnovabile, identificando i parametri “adeguatezza dell’infrastruttura” e “capacità di trasporto tra zone” come particolarmente complessi all’aumentare della penetrazione.
  4. la generazione termica ha tradizionalmente fornito i servizi ancillari di rete, necessari a garantire la fornitura di elettricità. Man mano che la quota di centrali tradizionali diminuisce, varie e nuove soluzioni  diventano necessarie per mantenere stabilità, affidabilità e qualità del servizio (ad es. batterie, inverter che “formano” la rete, condensatori sincroni, STATCOM, PSS). Il blackout iberico è un utile caso studio.

La lezione è chiara: per evitare inefficienze strutturali, aumento dello stress sul sistema e risorse incagliate, investimenti e dispacciamento costo-ottimali nelle reti elettriche dovrebbero essere valutati attraverso prospettive olistiche che includono molteplici analisi di sensitività e rappresentazioni accurate delle dinamiche operative.

Ad oggi, anziché risultare incompatibili, accoppiare nucleare e rinnovabili intermittenti sembra una strategia gestibile e coerente rispetto alle alternative, assumendo che anche altre risorse di supporto siano sviluppate.

Obiettivo zero emissioni?

L’efficacia in termini di costi del nuovo nucleare dipende da una moltitudine di fattori, in primis la capacità dell’industria di consegnare un progetto nei tempi e nel preventivo. Tuttavia, argomentazioni che implicitamente mettono in dubbio la continuazione delle operazioni di centrali già “ripagate” causa presunta incompatibilità con VRE si rivelano miopi: incertezza e rischio del portafoglio di soluzioni sostitutive sono presumibilmente ordini di grandezza maggiori.

Ad oggi, la scelta della Germania di dismettere prima del fine vita la propria flotta nucleare di oltre 20 GW non risulta lungimirante, specialmente se il valore residuo è confrontato con investimenti altrimenti meno “necessari”, come la pianificata Kraftwerksstrategie (12,5 GW di nuova capacità a gas “H2-ready” che beneficerà di sussidi Capex, premi Opex e mercato della capacità) o il cavo interrato di trasmissione HVDC SuedLink (prezzo raddoppiato rispetto alla stima iniziale, costruzione iniziata solo dopo che il recupero dei costi è stato consentito al TSO). Se ciò non bastasse, oltre 150 TWh all’anno di elettricità costante a basse emissioni avrebbero drasticamente ridotto la generazione fossile nella rete tedesca, come si vede dalla grafica di Radiant Energy Group.

L’intensità carbonica è di fatto un altro aspetto che l’articolo di Montel non menziona, ma che risulta cruciale nel decidere come intervenire sui sistemi energetici. Nel 2024, la differenza nelle emissioni del settore elettrico tra le due nazioni rimane esorbitante: 11,7 milioni le tonnellate di CO2 emesse in Francia a fronte delle 183-188 in Germania.

Conclusione

Per ribadire, sostenere che “nucleare o rinnovabili” siano incompatibili e che quindi si debba scegliere l’uno o l’altro è falso: diverse strategie non dimostrano incompatibilità, ma rivelano compromessi nella progettazione di portafogli a seconda di eredità politiche e infrastrutturali. È necessario valutare la pianificazione del sistema tramite i medesimi parametri, non metriche parziali: tutti i costi del sistema, sostenibilità, affidabilità e resilienza.

Le implicazioni pratiche sono noiose, ma potenti:

  1. da un punto di vista tecnico, le risorse stabili non sono davvero in contrasto con generazione variabile;
  2. un’adeguata progettazione dei mercati può creare flessibilità intorno a VRE nonché compatibilità con il nucleare;
  3. un mix che include nucleare e rinnovabili è tra le opzioni più concrete e a minori costi totali per decarbonizzare.

Stand Up for Nuclear: storie e volti di un movimento che cresce

di Pierluigi Totaro

È tempo di numeri e bilanci per l’edizione 2025 di Stand Up for Nuclear: 16 date, 38 città, 3 conferenze stampa, una giornata “in campus” al Politecnico di Torino e la partecipazione a due manifestazioni scientifiche nazionali – Sharper Night (a Pavia e Vigevano) e il Festival della Scienza dell’Alto Vicentino (a Schio).
Una lunga ed entusiasmante cavalcata che, per quasi due mesi, ha attraversato tutta l’Italia!

Un’edizione mai così ampia e partecipata, che conferma il tratto distintivo della versione italiana: non una grande manifestazione nazionale, né un raduno fine a sé stesso, ma una fitta rete di iniziative locali, a stretto contatto con i cittadini, con lo scopo di informare, coinvolgere e stimolare al confronto.
Centinaia di attiviste e attivisti sono così scesi in piazza per la settima volta dal 2019, dedicando il proprio tempo e mettendo a disposizione competenze e passione per creare occasioni di divulgazione sul tema dell’energia nucleare e della sostenibilità.

Conferenza Stampa a Roma, presso il Senato della Repubblica – 9/10/2025

Un’altra novità entusiasmante di questa edizione è l’ampliamento della platea di soggetti promotori. Accanto al Comitato Nucleare e Ragione – da sempre protagonista dell’iniziativa in Italia e cuore pulsante dell’attivismo pro-nucleare fondato sulle evidenze scientifiche e sull’approccio razionale – si sono affiancati Amici della Terra, Riforma e Progresso, Liberi Oltre le Illusioni, Women in Nuclear – Italy, i Giovani Blu e, nelle edizioni di Torino e Firenze, le associazioni universitarie PoliEnergy e Universitari Liberi. Una collaborazione che ha reso la manifestazione ancora più variegata e multisfaccettata, dimostrando nei fatti quanto il movimento dal basso a favore dell’energia nucleare sia oggi in Italia sempre più forte e radicato, capace di superare quegli stereotipi e pregiudizi che ancora vorrebbero relegare questa tecnologia – e chi la sostiene – ai margini del dibattito pubblico.

Quest’anno Stand Up for Nuclear ha raggiunto diverse nuove località, portando il suo messaggio in territori dove le tecnologie nucleari sono spesso viste con diffidenza.
Abbiamo voluto dare voce a chi, sul campo, ha reso possibili questi incontri: ecco alcune testimonianze dei promotori locali, che raccontano entusiasmo, sfide e motivazioni alla base della loro partecipazione.

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Rispetto ai primi anni, quando il pubblico mostrava scarso interesse per il tema, oggi chi si avvicina ai nostri banchetti è spesso aperto verso le tecnologie nucleari e si stupisce piacevolmente nel constatare che ci siano persone che manifestano “a favore” di qualcosa.
Il nostro scopo è da sempre cercare di informare tutti: anche chi è favorevole spesso lo è acriticamente, senza reale consapevolezza delle caratteristiche di questa tecnologia, della differenza tra fissione e fusione, dei diversi impieghi della radioattività, e dei reali rischi e benefici delle applicazioni tecnologiche nucleari. 
Ai nostri banchetti offriamo un percorso arricchito da infografiche, giochi e modellini in scala. Affrontiamo il tema con leggerezza, ma al tempo stesso con il rigore dei dati e delle evidenze scientifiche, incoraggiando le persone a ragionare e porsi in atteggiamento critico e comparativo con le altre tecnologie.
Questo
approccio pacato, positivo e dialoganteha avvicinato alla manifestazione molti volontari, anche non direttamente affiliati alle associazioni promotrici, ed è apprezzato dal pubblico. Solo una piccola minoranza è totalmente chiusa e contraria, e rifiuta persino di prendere il nostro volantino.
Lo Stand Up for Nuclear è una attività piacevole e gioiosa: lo vivo come un’occasione per comunicare la bellezza del nucleare, con l’energia che solo l’idea del progresso umano può dare.

Simone Arrigoni
Vicenza, Vigevano, Trieste, Pordenone, Cagliari, Gorizia, Udine

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Con i passanti di Firenze abbiamo trovato un’attenzione viva e curiosa per un tema che sta tornando finalmente al centro del dibattito. Molte delle persone che si intrattenevano erano apertamente favorevoli al nucleare o, quantomeno, desiderose di saperne di più, senza troppi pregiudizi. Alcune preoccupazioni sulla sicurezza ci sono ancora, ma oggi i dubbi più frequenti sono relativi ai tempi e ai costi degli impianti, e i timori si fondano sulla presunta incapacità italiana di portare a termine i progetti.
Lo Stand Up for Nuclear è stato anche un’occasione per
fare rete e conoscere cittadini e associazioni che sono pronti a supportare eventi che informino sul tema, senza polarizzazioni. Il nucleare è stato a lungo un tema tabù e spesso le persone sono timorose a esporsi e parlarne.
Molto apprezzato anche il momento di confronto pubblico che ha visto la partecipazione di alcuni rappresentanti delle associazioni promotrici,
 tra cui anche il presidente della sezione toscana di Amici della Terra. L’incontro è stato l’occasione per ripercorrere la storia del nucleare, fare il punto sull’attuale dibattito nazionale e riflettere su ciò che ci attende in futuro. Un modo ideale per chiudere in bellezza la giornata.


Giulia Crivello
Firenze

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Mi aspettavo di dover combattere una battaglia sui dati scientifici, ma la realtà emersa in piazza a Cagliari è stata più complessa: il vero ostacolo non è più l’ignoranza tecnologica, quanto la sfiducia istituzionale.
Specialmente con gli adulti e gli anziani, le obiezioni storiche al nucleare passano in secondo piano rispetto a un’unica e pressante richiesta: la garanzia che questo progetto non diventi l’ennesimo strumento per prendere in giro i cittadini. Il messaggio è chiaro: se il nucleare deve tornare, “deve essere fatto bene”.
Per rispondere a questa radicata sfiducia, mi sono trovato a spiegare quanto il nucleare sia sottoposto a controlli internazionali rigorosi, che rendono la malagestione o le infiltrazioni malavitose praticamente impossibili.
Nel nostro piccolo, come associazione, ci impegniamo inoltre a fare da ponte tra scienza e istituzioni, affinché i propositi di un ritorno del nucleare siano ancorati alle migliori competenze e si basino su presupposti tecnico-scientifici, e non su logiche politiche di breve termine.
Alla richiesta di serietà da parte delle istituzioni, si aggiunge poi quella di un beneficio locale. Molti sardi, memori di infrastrutture impattanti che non hanno portato i benefici sperati, chiedono chiarezza: se un’infrastruttura strategica sarà ospitata sull’Isola, la Sardegna deve beneficiarne, da un punto di vista economico e occupazionale.
È su questo che, a mio avviso, dovrebbe vertere la comunicazione nelle realtà periferiche del Paese, trasformando il timore in un’opportunità concreta di sviluppo e di benessere.


Domenico Fei
Cagliari

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Partecipare agli Stand Up For Nuclear è, prima di tutto, un’attività  divulgativa divertente, ma comporta anche una buona dose di responsabilità.  La soddisfazione più grande arriva quando le persone – anche quelle inizialmente contrarie – lasciano il banchetto non con delle risposte, ma con la curiosità e con la voglia di saperne di più. È bello percepire di aver instillato il dubbio, di aver stimolato le persone a riflettere e a mettere da parte le emozioni, per fondare le proprie decisioni sulla razionalità.

Quando poi si avvicinano i bambini ai nostri banchetti, è sempre una gioia: attratti dai modellini, dai giochi e dagli adesivi, coinvolgono tutta la famiglia, che si intrattiene ad ascoltare e a fare domande. Sono momenti che fanno ben sperare per il futuro e per le nuove generazioni

Lorenzo Attila Sartori
Treviso, Mestre, Venezia, Firenze, Pisa

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Quattro anni fa nessuna città veneta partecipava allo Stand Up for Nuclear: quest’anno, invece, abbiamo battuto ogni record, portando i nostri banchetti in 9 città, grazie ad un team di coordinatori e attivisti affiatato e sempre più numeroso.
Ho realizzato quanto sia importante la nostra azione divulgativa anche per i cittadini già favorevoli al nucleare: fornire loro strumenti e argomentazioni solide  significa aiutarli a rendere la loro opinione più consapevole e matura, e a sostenerla nelle occasioni di confronto. La crescita e il rafforzamento di questo consenso sono fondamentali per sperare che il nostro Paese torni davvero a implementare questa tecnologia. 

Davide Sguazzardo
Vicenza, Bassano, Schio

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Lo Stand Up for Nuclear di Napoli è stata una bella giornata, seppur faticosa, di sensibilizzazione. Tante persone sono ancora vittime di pregiudizi radicati e non sono mancati episodi di rifiuto al confronto.  
Resta però la sensazione positiva lasciata dai tanti che si sono fermati per esprimere apprezzamento e, soprattutto, dalla gioia dei bambini, che ci hanno inondato con la loro curiosità. É soprattutto questo entusiasmo a spingerci per ripetere l’esperienza nei prossimi anni, con la sperenza di coinvolgere anche altre città campane. 

Antonio Maria Schiavo
Napoli

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Partecipare allo Stand Up for Nuclear di Palermo è stata un’esperienza straordinariamente positiva. Abbiamo respirato un clima di entusiasmo e collaborazione: tanti attivisti hanno contribuito con generosità all’allestimento del banchetto e all’organizzazione delle attività, dimostrando quanto forte sia la voglia di fare informazione scientifica e di costruire un dialogo aperto con i cittadini.

Ciò che più mi ha colpito è stata la curiosità dei più giovani: bambini, studenti e famiglie si fermavano con sincero interesse per provare i giochi educativi che avevamo preparato. Vedere i loro occhi illuminarsi davanti a un concetto che prima sembrava lontano o complicato è stata la soddisfazione più grande.

Anche tra gli adulti non sono mancati momenti di confronto sincero e rispettoso: la curiosità e il desiderio di informarsi hanno prevalso sui pregiudizi, la giornata ha lasciato in me la sensazione che qualcosa stia davvero cambiando.

Riccardo Mariscalco
Palermo

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L’avventura dello Stand Up For Nuclear a Genova è nata 3 anni fa e ha potuto contare fin da subito su di un gruppo di collaboratori giovani, preparati ed entusiasti.
Dialogando con le persone abbiamo sperimentato quanto sia fondamentale mantenere un atteggiamento aperto al confronto, e utilizzare un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo non banale, che stimoli la curiosità verso un tema spesso percepito come ostico e divisivo.
Il riscontro del pubblico è generalmente positivo e conferma quanto questo tipo di manifestazioni possa supplire ad una carenza informativa, contribuendo a rendere le scelte energetiche più consapevoli, partecipate e meno ideologiche.

Andrea De Felici
Genova, Imperia

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Lo Stand Up for Nuclear si è confermata un’importante occasione di incontro tra le persone e le tecnologie che alimentano le loro vite.
Sebbene il nexus della manifestazione siano le tecnologie nucleari, esse rappresentano soprattutto uno strumento di dialogo per riflettere insieme su un’idea di progresso capace di affrontare le sfide del nostro tempo. Le persone sentono oggi più che mai il bisogno di esprimere la loro idea di futuro, e questo evento ha offerto loro la possibilità di comunicarlo.
Le piazze, da sempre, sono il luogo dove le idee si incontrano, si confrontano e si trasformano in azione: sono il vero motore del progresso.
In un mondo sempre più virtuale, lo Stand Up for Nuclear rappresenta uno spazio concreto e reale in cui le persone possono riappropriarsi del diritto di partecipare attivamente alla costruzione della propria società.
Essere approdati quest’anno anche in Campo Santa Margherita, a Venezia, ha significato riaprire il dialogo tra la tecnologia contemporanea e la storia del nostro territorio. Un rapporto a cui la narrazione odierna ci ha progressivamente disabituati, ma che questo evento prova a ricostruire: un filo tra passato e futuro, tra eredità e progresso.
Siamo chiamati oggi a costruire gli acquedotti romani del nostro tempo.
Come sosteneva l’architetto francese Claude Parent, dobbiamo riallacciare il popolo alla propria industria, e per farlo è necessario riconnettere l’industria alla bellezza.
Lo Stand Up for Nuclear incarna esattamente questa visione: ricostruire il dialogo tra le persone e la loro energia, restituendo alla tecnologia il suo significato più umano e condiviso.


Marco Bonotto
Treviso, Castelfranco Veneto, Mestre e Venezia

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Lo Stand Up for Nuclear 2025 si chiude qui, ma già fervono i preparativi per la prossima edizione. Con la consapevolezza che solo promuovendo una cittadinanza attiva, informata, responsabile e fiduciosa nel progresso tecnologico – e nelle potenzialità del nostro Paese – si possa davvero guardare al futuro con ottimismo.

Articolo pubblicato anche su L’Astrolabio – Newsletter degli Amici della Terra.

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Radiazioni dal dentista: c’è da spaventarsi?

di Massimo Burbi

Dal dentista ho misurato radiazioni 40.000 volte superiori alla “norma”.

Quanto durerebbe uno studio dentistico con una pubblicità del genere?

I fatti: alcuni mesi fa mi sono generosamente offerto di accompagnare qualcuno a fare una radiografia dentale, omettendo di dire che avrei portato con me il mio dosimetro. Assistendo alla scena da circa metro di distanza, sono passato inosservato mentre misuravo un rateo di dose di picco di 868 μSv/h.

E’ tanto? Mettiamo i numeri nel contesto: vivendo in Italia si prende in media dall’ambiente una dose efficace di circa 3.300 μSv in un anno [1], che corrispondono a circa 0.38 μSv/h. Questo numero è la somma di raggi gamma terrestri, raggi cosmici, ingestione di alimenti e soprattutto inalazione di Radon. 868 μSv/h è circa 2.300 volte il rateo di dose medio che un italiano prende dall’ambiente.

Una botta niente male, ma quanto prende il diretto interessato? Per questo ho dovuto uscire allo scoperto e avere la faccia tosta di chiedere: “sareste così gentili da sparare quel fascio di raggi X direttamente sul mio strumento?”

Ho trovato qualcuno che condivideva la mia curiosità e non ha fatto obiezioni. Il dosimetro ha subito iniziato a vibrare, gli allarmi sonori erano disattivati o avrei fatto scappare l’intera sala d’attesa. Un attimo dopo era tutto finito e sul display c’era scritto, in rosso, un rateo di dose di picco di 15.000 μSv/h (15 mSv/h), valore non da prendere alla lettera visto il tipo di misura su una sorgente attiva per pochi decimi di secondo, ma che corrisponde a circa 40.000 volte il rateo di dose medio che prendiamo dall’ambiente, essere esposti ad un rateo di dose simile vorrebbe dire assorbire in meno di un quarto d’ora la dose che normalmente riceviamo dall’ambiente in un anno. Immaginate le ultime frasi scritte in maiuscolo con abbondanza di punti esclamativi per ottenere l’effetto “moriremo tutti”. 

Immagine 1 – Il display del dosimetro Tracerco PED+ dopo la misura. Rateo di dose di picco 15 mSv.

Quindi una banale radiografia è una specie di suicidio assistito?

No, perché fin qui abbiamo commesso lo stesso errore fatto in molti articoli di stampa: il valore di picco, da solo, ci dice poco, conta la dose accumulata, che dipende anche dal tempo di esposizione. E’ la stessa differenza che c’è tra velocità massima e distanza percorsa: puoi viaggiare sparato su un razzo che va 1000 km/h, ma se ti fermi senza carburante dopo 10 secondi avrai percorso meno di 3 km. Qualcuno che si è incamminato a piedi, con passo mediamente spedito, avrà fatto più strada di te in poco più di mezz’ora.

Immagine 2 – Andamento della dose accumulata durante le varie fasi della radiografia, si nota un primo picco di radiazione diffusa in corrispondenza della radiografia misurata a circa 1 metro di distanza. Il secondo picco è invece relativo al fascio indirizzato direttamente sul dosimetro

Nel caso della seconda radiografia, quella presa direttamente dallo strumento, il dosimetro ha misurato quel livello di radiazioni per pochi decimi di secondo, accumulando una dose di appena 3.96 μSv, la stessa che si prende a terra in circa 10 ore [2] e su un volo di linea in meno di un’ora [3]. Messa così non fa più tanta paura. Oltretutto il fondo ambientale è uniforme su tutto il corpo (anche se identici livelli di radiazioni provocano effetti diversi su organi diversi [4)], mentre in una radiografia l’esposizione è concentrata in una sola zona e diminuisce rapidamente con la distanza [5].

Immagine 3 – La strumentazione utilizzata per la radiografia

Conclusione: le radiazioni possono uccidere, ma titoli su radiazioni 10 o 20 volte superiori alla “norma”, che magari durano lo spazio di poche ore, sono buoni per acchiappare click, ma non devono terrorizzarci, se prima non conosciamo l’estensione di queste radiazioni nello spazio e nel tempo. Anche un valore 40.000 superiore alla “norma” può essere innocuo se l’esposizione è abbastanza breve e circoscritta.

Tutto questo al netto dell’inevitabile margine di errore dello strumento, viste le modalità di misura e la brevissima durata dell’evento, che suggeriscono di ribadire che il valore di picco rilevato non va preso alla lettera.

P.S. in un paese sviluppato una persona prende in media circa 1.000 μSv/anno per esposizioni mediche [6].

P.P.S. I tipici valori di dose efficace per una radiografia intraorale vanno da 1 a 8 μSv [7], la misura presentata in questo post quindi, con tutti i suoi limiti, è ben all’interno del range.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

[1] [2] [6] http://www.fisicaweb.org/doc/radioattivita/geiger%20muller/taratura.pdf?fbclid=IwAR2IO_2_yGHZkL1lcd42Q_p6T9nWzr-pc-VE0Z0Ud1OrBI2Zu5GvV1QinoI

[3] https://www.unscear.org/unscear/uploads/documents/unscear-reports/UNSCEAR_2000_Report_Vol.I.pdf?fbclid=IwY2xjawKL8nVleHRuA2FlbQIxMAABHqC_mCJnLpfZxMdMMzzBgjB_X71nUbkzRe3QEC6YKYjdogMCzzGZhGqXcuvz_aem_3SFz-ipk1Rn18IsrCkA5Pg

[4] https://ec.europa.eu/health/scientific_committees/opinions_layman/security-scanners/en/figtableboxes/tissue-weighting-factors.htm

[5] https://howradiologyworks.com/inverse-square-law-in-radiography-sid-impact-to-mas/

[7] https://www.iaea.org/resources/rpop/health-professionals/dentistry/radiation-doses

Comunicato stampa: Stand Up for Nuclear – Settima Edizione

Zero emissioni, infinite ambizioni – il nucleare per le prossime generazioni

Tra settembre e ottobre 2025 si svolgerà in 39 città italiane lo Stand Up for Nuclear, una manifestazione nata per promuovere presso l’opinione pubblica i benefici delle tecnologie nucleari civili in ambito energetico, medico-diagnostico, alimentare, industriale e nella ricerca scientifica.
L’iniziativa è promossa a livello mondiale da una rete di associazioni e organizzazioni no-profit indipendenti, che negli anni è arrivata a mobilitare cittadini nelle piazze di oltre 30 nazioni. 
In Italia la manifestazione, giunta quest’anno alla settima edizione, è promossa dal Comitato Nucleare e Ragione, in collaborazione con Amici della Terra, Giovani Blu, Liberi Oltre le Illusioni, Riforma e Progresso e Women in Nuclear Italy
La ridotta sicurezza degli approvvigionamenti energetici, aggravata dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, e l’urgenza di decarbonizzare i consumi per fare fronte alla crisi climatica hanno portato una rinnovata attenzione per l’energia nucleare, come confermato anche dalla recente decisione della Banca Mondiale di tornare a finanziare progetti di nucleare civile nei Paesi in via di sviluppo [8]. L’interesse cresce anche nel nostro continente: la Commissione Europea ha stimato la necessità di investimenti fino a 241 miliardi di euro nel settore, per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2050.
Anche l’Italia si avvia a riconsiderare il nucleare tramite diverse iniziative istituzionali. Tra queste il disegno di legge delega finalizzato a definire un nuovo quadro normativo, per il quale la Conferenza Unificata ha dato lo scorso luglio un primo parere positivo.
Tuttavia, l’opinione pubblica, soggetta per decenni a un dibattito spesso polarizzato, continua a nutrire forti dubbi nei confronti del nucleare. 
La manifestazione Stand Up for Nuclear si pone l’obiettivo di fornire informazioni equilibrate e oggettive, affinché i cittadini possano costruirsi un’opinione informata e consapevole sul tema.


Lo Stand Up for Nuclear si svolgerà nelle seguenti date e città:

7/9/2025: Vicenza
13/9/2025: Bassano del Grappa
20/9/2025: Como, Grosseto, Treviso
21/9/2025: Castelfranco Veneto, Vigevano
26/9/2025: Pavia
27/9/2025: Brescia, Firenze, Lecco, Piacenza
28/9/2025: Alessandria, Pisa
4/10/2025: Bari, Genova, Perugia, Trieste, Venezia
5/10/2025: Foligno, Mestre, Trieste
11/10/2025: Acireale, Imperia, Milano, Padova, Pordenone, Roma, Torino, Verona
12/10/2025: Roma, Torino, Verona
18/10/2025: Cagliari, Catania, Napoli
19/10/2025: Bologna, Napoli
25/10/2025: Ferrara, Gorizia, Palermo, Schio, Trento
26/10/2025: Schio, Udine

Per maggiori informazioni:

info@nucleareeragione.org
Web: standupfornuclear.orghttps://nucleareeragione.org/sufn/


Organizzatori e promotori:

Il Comitato Nucleare e Ragione è un’associazione culturale, fondata nel 2011, che si occupa di divulgazione scientifica in campo energetico. Ne fanno parte tecnici, ricercatori, professori, studenti, cittadini appassionati. La missione del Comitato è informare in modo oggettivo, rigoroso e scientificamente accurato sui pregi e i difetti delle diverse fonti energetiche, al fine di promuovere il raggiungimento di un’equilibrata strategia di approvvigionamento energetico della quale i cittadini siano resi partecipi e consapevoli. 

Amici della Terra è un’associazione ambientalista riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di promuovere politiche e comportamenti orientati alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo sostenibile. L’Associazione si distingue da 47 anni per un approccio razionale ai problemi, non dogmatico, libero da pregiudizi ideologici e da interessi particolari. E’ indipendente da parti politiche, è capace di individuare e sostenere azioni positive e riforme, promuove una cultura istituzionale, riformista, responsabile.

GiovaniBlu è un progetto di divulgazione scientifica rivolto alle nuove generazioni, con l’obiettivo di diffondere cultura scientifica e informare riguardo la transizione energetica e l’energia nucleare. Il progetto si impegna a contrastare la disinformazione, promuovendo un dialogo informato e razionale. Giovani Blu vuole stimolare consapevolezza e responsabilità ambientale, sostenendo il nucleare come tecnologia chiave per una transizione energetica efficace e a basso impatto ambientale. Il gruppo coinvolge giovani esperti e appassionati che operano con rigore scientifico e passione nella divulgazione

Liberi, Oltre le Illusioni APS è un’associazione culturale che si occupa di divulgazione scientifica nelle discipline economiche, storiche e in generale delle scienze sociali. Nata come associazione nel 2021 e iscritta al Registro del Terzo Settore organizza convegni e dibattiti sulle principali piattaforme social e nelle università italiane ed europee. E’ indipendente, apartitica e aconfessionale promuovendo un approccio basato sul metodo scientifico e sull’analisi dei dati.

Riforma e Progresso APS è un’associazione che mira a far riscoprire ai cittadini italiani la partecipazione attiva alla vita sociale, la necessità di informarsi su un mondo che cambia ogni giorno, l’importanza di promuovere il cambiamento verso una società migliore. Dal 2023 lavora instancabilmente per promuovere una cultura della formazione, dell’informazione e dell’uso del metodo scientifico.

WiN Italy è un’associazione nata nel 2023 come filiale di Women in Nuclear Global, un’organizzazione che conta oltre 35.000 membri in più di 145 Paesi. WiN Italy nasce con lo scopo di far conoscere il mondo del nucleare e delle radiazioni, dando voce in Italia alle donne del settore in ambito scientifico, sensibilizzando l’opinione pubblica e promuovendo lo sviluppo della diversità e dell’equilibrio di genere nelle professioni nucleari.

Visita al LENA di Pavia: conoscere da vicino la ricerca nucleare italiana

di Francesco Bussola

Il 2 Luglio 2025, un gruppo di soci del Comitato Nucleare e Ragione ha visitato il Centro di Ricerca LENA (Laboratorio Energia Nucleare Applicata) dell’Università di Pavia, sede del reattore di ricerca Triga Mark II. La visita è rientrata tra le iniziative promosse dal Comitato per favorire la conoscenza diretta delle infrastrutture nucleari italiane e delle molteplici applicazioni civili dell’energia nucleare.

All’ingresso del Centro ci hanno accolto con grande disponibilità e cortesia il direttore del LENA, dott. Andrea Salvini, e il dott. Gabriele Malinverni. A farci da guida era il dott. Andrea Gandini, che ha illustrato la storia e le attività del Centro e ci ha accompagnati nella visita al reattore e alla sala di controllo. Il gruppo di partecipanti era composto da circa venti soci.

Il LENA: un centro al servizio della ricerca, della formazione e dell’innovazione

Il Laboratorio Energia Nucleare Applicata è un Centro Servizi Interdipartimentale dell’Università degli Studi di Pavia e gestisce il reattore nucleare Triga Mark II – un reattore ad acqua leggera progettato e costruito dalla General Atomics. Il centro ospita inoltre un ciclotrone, impiegato per finalità didattiche e di ricerca. Queste infrastrutture sono messe a disposizione di ricercatori dell’Ateneo e di altri enti pubblici e privati per attività di ricerca applicata, didattica e trasferimento tecnologico.

La costruzione del reattore iniziò nel 1964 e la sua prima criticità fu registrata il 15 novembre 1965. Da allora, il reattore ha operato alla massima potenza di 250 kW per circa 35.000 ore complessive. Le barre di combustibile sono ancora quelle originali del 1965 e il consumo totale di uranio-235 in quasi cinquant’anni di attività è stato pari a circa 400 grammi.

Durante la visita abbiamo potuto osservare direttamente gli elementi di combustibile, ispezionabile dalla sommità del reattore, il riflettore, il portacampioni rotante, la grafite della colonna termica e uno dei canali orizzontali di irraggiamento recentemente progettati.

La visita ha intrecciato spiegazioni tecniche, storia operativa e applicazioni scientifiche del reattore. Abbiamo iniziato dalla sala di controllo, che conserva ancora l’impostazione originale del 1965, arricchita nel tempo da aggiornamenti ai pannelli e ai sistemi di monitoraggio. Questo ambiente, sobrio e funzionale, racconta più di ogni parola la continuità storica e l’affidabilità dell’impianto.

La tappa più suggestiva è stata senza dubbio l’affaccio sulla piscina del reattore. Con la vasca aperta e l’impianto spento, abbiamo potuto osservare dall’alto le barre di combustibile immerse, insieme ai materiali irraggiati posizionati nei pozzi di raffreddamento. Ci è stato spiegato che il reattore è dotato di diversi canali di irraggiamento che permettono, ad esempio, di esporre tessuti biologici a flussi neutronici controllati per studiarne il comportamento: una tecnica preziosa in ambito medico e radiobiologico.

Nel centro, inoltre, si producono radioisotopi a scopo sanitario, tra cui l’Argento-111, il Palladio-109 e il Boro-11, quest’ultimo oggetto di ricerca nell’ambito della terapia BNCT. Le collaborazioni scientifiche del LENA spaziano dall’INFN a Euratom, a conferma del suo ruolo strategico a livello nazionale e internazionale.

Non è mancata una riflessione sulla sicurezza. Al LENA si svolgono periodicamente simulazioni di allarme nucleare, non solo per preparare il personale a scenari emergenziali specifici, ma anche per rafforzare le competenze nella gestione di situazioni critiche in generale, come piccoli incendi o incidenti tecnici. È un ulteriore esempio di come una struttura di ricerca possa coniugare responsabilità e innovazione.

Le attività del LENA contribuiscono in modo diretto alla ricerca medica, alla sicurezza nucleare e alla formazione di operatori qualificati, costituendo un patrimonio scientifico strategico per il Paese. Vanno inoltre lodati per il loro impegno divulgativo: il Centro accoglie ogni anno migliaia di visitatori, tra cui gruppi scolastici, studenti universitari e semplici cittadini, oltre che realtà come la nostra. La corretta e trasparente comunicazione delle attività di ricerca in ambito nucleare rappresenta un valore aggiunto per la comunità scientifica e per la cittadinanza nel suo complesso.

La visita al LENA dimostra che il nucleare in Italia è anche ricerca, salute, formazione e innovazione tecnologica. In un momento in cui si torna a parlare di nucleare, è fondamentale valorizzare i centri che da decenni operano con competenza e continuità.

Ringraziamo lo staff del LENA per l’accoglienza e la disponibilità dimostrata. Esperienze come questa rafforzano il ruolo del Comitato Nucleare e Ragione nel promuovere un confronto informato, concreto e appassionato sul presente e sul futuro dell’energia nucleare in Italia.

Il Comitato Nucleare e Ragione aderisce al Manifesto della comunicazione non ostile

La nostra associazione, fin dal suo atto fondativo, ha sempre cercato di promuovere una attività comunicativa, oltre che rigorosamente scientifica, anche impostata sul dialogo, sull’ascolto e sul confronto. 
Ne abbiamo fatto un tratto distintivo e qualificante, consapevoli di muoverci in un terreno scivoloso e sfidante: il tema dell’energia nucleare tocca infatti corde emotive particolarmente sensibili ed è sempre stato storicamente percepito come divisivo e polarizzante. Questo ha reso spesso molto difficile, in determinati contesti, proporre occasioni informative che uscissero dallo schema “favorevoli e contrari” e che riconoscessero la possibilità di un avvicinamento o persino di una integrazione costruttiva delle posizioni, piuttosto che una loro radicalizzazione. Un processo possibile solo grazie all’ascolto reciproco e all’accettazione della legittimità di punti di vista diversi.
L’ambiente dei social network, in cui l’engagement del pubblico è spesso facilitato dall’innalzamento dei toni e dall’amplificazione delle divergenze, rappresenta una sfida ancora più grande per chi come noi ritiene cruciale instaurare forme di comunicazione più dialoganti.
Con questa consapevolezza, nel corso dell’ultima assemblea i soci hanno approvato a larghissima maggioranza l’adesione al Manifesto della Comunicazione non Ostile, in particolare nella sua declinazione “Per la Scienza, e che abbiamo il piacere di condividere qui di seguito.

Il Manifesto della Comunicazione non Ostile è stato elaborato dall’Associazione Parole Ostili, con lo scopo di responsabilizzare gli utenti a scegliere con cura le parole, partendo dal presupposto che in particolare i social network, pur essendo luoghi virtuali, non sono un porto franco, ma il centro in cui si incontrano persone reali.
Noi ci impegniamo a fare la nostra parte, con coerenza e continuità. Vi invitiamo a conoscere meglio il progetto e a condividere questi valori, perché le parole – anche nel dibattito scientifico – contano.

1. Virtuale è reale.

Motivo le mie affermazioni in rete così come farei di persona. Diffondo solo risultati certi e verificati. Rispetto il mio pubblico, e calibro le spiegazioni per farmi capire.

2. Si è ciò che si comunica

Etica e metodo scientifico mi guidano nel comunicare. Parlo solo di quello che ho studiato e meditato. Divulgando non mostro me stesso, ma la bellezza della scienza

3. Le parole danno forma al pensiero

Scelgo parole ed esempi che possano trasmettere concetti complicati in modo limpido. Valorizzo razionalità e pensiero critico, ma considero anche il lato umano.

4. Prima di parlare bisogna ascoltare

La scienza progredisce grazie al confronto rispettoso, aperto a critiche oneste, costruttivo. Dico sì all’argomentare autorevole, no a quello autoritario o dogmatico.

5. Le parole sono un ponte

Comunico in modo amichevole, evitando sia la banalizzazione, sia i tecnicismi inutili. La scienza parla un linguaggio di pace, che accoglie, avvicina, include, fa crescere.

6. Le parole hanno conseguenze

So che il mio parere influenza chi mi ascolta, e parlo in modo chiaro, responsabile e veritiero. Evito di creare illusioni, do spazio all’empatia. Se posso, alla speranza.

7. Condividere è una responsabilità

La verifica dei fatti è cruciale: esamino fonti, teorie e dati prima di diffonderli. So che condividere i metodi e i risultati ottenuti è un diritto e un dovere verso la comunità.

8. Le idee si possono discutere. Le persone si devono rispettare

La scienza progredisce anche riconoscendo e correggendo i propri errori: perciò il cuore della scienza è il dibattito fatto di apertura mentale, rispetto, interdisciplinarità.

9. Gli insulti non sono argomenti

Non ricorro mai agli insulti e all’aggressività, che impedisce il produttivo confronto fra idee, mortifica la scienza e può arrivare a screditare anche una tesi in sé giusta.

10. Anche il silenzio comunica

Se non sono competente di un tema non ne parlo. Se c’è incertezza o discordanza su una questione, dico “non so”. Se il rischio è ingigantire polemiche sterili, taccio.

L’atomo iraniano: panoramica e conseguenze di un attacco militare

di Martina Gallarati

In tempo di guerra le notizie corrono veloci e, soprattutto quando coinvolgono temi complessi e delicati come il nucleare, possono confonderci e alimentare i nostri timori.
I drammatici eventi di attualità, in particolare, hanno sicuramente portato molti di voi a domandarsi quali possano essere le conseguenze di un attacco militare ai danni di un’installazione nucleare.
In questo articolo proviamo a dare una risposta riferendoci, nella fattispecie, agli eventi che hanno coinvolto gli impianti nucleari dell’Iran. Per farlo, occorre innanzitutto precisare che le installazioni nucleari possono essere molto diverse le une dalle altre, e di conseguenza gli effetti che un attacco militare può comportare su di esse. Pertanto, dobbiamo cominciare dal principio: puntiamo lo sguardo dritto su questo territorio che di nucleare ha tanto da raccontare e cominciamo con il delinearne la geografia. 

Installazioni nucleari iraniane

L’Iran conta sul proprio territorio diversi siti nucleari che ospitano impianti e installazioni differenti. Si precisa che la panoramica che viene qui fornita non intende essere esaustiva; si concentrerà piuttosto sulle installazioni rappresentative di ciascuna tipologia, con una menzione a tutte quelle che sono state oggetto di attacchi militari. Per semplicità, in base alla loro funzione, possiamo quindi raggruppare i siti nucleari iraniani nelle seguenti categorie:

  • Impianti per l’arricchimento dell’uranio;
  • Centrali nucleari, che ospitano i reattori nucleari per la produzione di energia;
  • Installazioni di ricerca, tra le quali vi sono i reattori di ricerca. 
Figura 1 – Principali siti nucleari in Iran
Credits: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/i-siti-nucleari-di-teheran-29044

Impianti per l’arricchimento dell’uranio

Come abbiamo spiegato in un precedente articolo, un impianto per l’arricchimento dell’uranio ha l’obiettivo di incrementare la concentrazione dell’isotopo 235 dell’uranio al fine di renderlo ottimale come combustibile nei reattori nucleari ad uso civile, e per farlo si avvale di un sistema di centrifughe “a cascata”. Al crescere della percentuale di arricchimento, tuttavia, l’uranio si rende adatto anche al suo potenziale utilizzo militare. In Iran sono tre i principali siti che ospitano e trattano materiale nucleare nella forma di uranio arricchito in percentuali diverse: Natanz, Fordow e da ultimo Isfahan.
Una precisazione: il sito di Isfahan non rientra strettamente in questa categoria di impianti, ma (come vedremo nel seguito) viene inserito qui perché ospita varie installazioni a supporto della lavorazione dell’uranio per il successivo trattamento di arricchimento.

Il sito di Natanz ospita due impianti: un impianto di arricchimento del combustibile e un impianto pilota di arricchimento, comprensivo di una parte in superficie e di una parte sotterranea. Entrambi gli impianti hanno subito degli attacchi durante il più recente conflitto, che hanno comportato nell’installazione principale la distruzione dell’infrastruttura elettrica e il parziale danneggiamento delle gallerie che ospitano le centrifughe mentre, nell’impianto pilota, il danneggiamento in misura maggiore in superficie.
A seguito degli attacchi al sito di Natanz, non è stato registrato un aumento del livello di radioattività nelle aree limitrofe. Se quindi all’esterno dell’installazione si può escludere un impatto radiologico sulla popolazione (l’“effetto” che le radiazioni hanno sull’uomo) così come sull’ambiente, all’interno del sito la situazione potrebbe essere diversa. Infatti, un attacco che comporta il danneggiamento dell’integrità di un impianto può determinare, a livello locale, la perdita del confinamento di materiale nucleare. Nella fattispecie, la dispersione di uranio nel sito con conseguente contaminazione sia radiologica che chimica.
Proviamo a capirci qualcosa in più. Innanzitutto, sappiamo che un impianto di arricchimento processa uranio parte di un composto in forma gassosa (esafluoruro di Uranio o UF6). Questa sostanza rappresenta un pericolo per la salute dell’uomo da due punti di vista:

  • Dal punto di vista chimico; i composti dell’uranio, infatti, sono tossici. 
  • Dal punto di vista radiologico; l’uranio è un elemento radioattivo, questo significa che il suo nucleo è instabile e, per raggiungere uno stato di maggiore “equilibrio”, decade. Decadere significa trasformarsi, e durante questa trasformazione si possono liberare anche delle particelle. L’uranio è principalmente un emettitore alfa perché quando decade emette le cosiddette particelle alfa (nuclei di Elio costituiti da due protoni e due neutroni), che sono particolarmente pericolose per l’uomo se inalate o ingerite. 

Fordow è il secondo impianto di arricchimento, dopo quello di Natanz, ed è stato costruito in profondità, dove ospita il complesso sistema di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. L’installazione ha subito due attacchi sulle cui conseguenze non abbiamo, al momento, informazioni attendibili, ma poiché le centrifughe sono delicate, è ragionevole attendersi un danneggiamento non trascurabile.

Infine, Isfahan è un sito che ospita numerose installazioni nucleari anche di ricerca. Ci concentriamo su quelle che sono state oggetto degli attacchi delle scorse settimane.
Il primo è un impianto per la conversione dell’uranio, con la funzione di trasformare l’uranio concentrato dopo l’estrazione mineraria in esafluoruro di uranio UF6 per il successivo arricchimento. La seconda è un’installazione per la realizzazione delle centrifughe, anch’essa sottoposta ad attacco militare ma, dato il suo scopo, priva di materiale nucleare. Sono state oggetto di attacco militare altre installazioni che sorgono presso il sito, tra cui ci limiteremo a citare: un laboratorio chimico, un impianto per la fabbricazione del combustibile e una facility per la lavorazione dell’uranio in forma metallica, quest’ultima in costruzione.
Anche presso il sito di Isfahan non è stato registrato un aumento del livello di radioattività esterna. Il principale pericolo rimane, come nei precedenti impianti, la tossicità chimica negli ambienti colpiti che detengono uranio.

Centrali nucleari

L’obiettivo di una centrale nucleare è quello di produrre energia elettrica. Bushehr sorge sul Golfo Persico, a circa 1000 km a sud di Teheran e si tratta dell’unica centrale nucleare in operazione in Iran. Il reattore è della tipologia ad acqua pressurizzata e a uranio a basso arricchimento (tra il 3% e il 5%) dal design VVER-1000 sviluppato in Russia. L’unità in operazione è in grado di erogare una potenza elettrica pari a 915 MW e ad oggi copre circa il 2% del fabbisogno nazionale. La sua costruzione iniziò nel 1975 ad opera di una compagnia tedesca e subì una battuta d’arresto con la rivoluzione islamica in Iran e con il successivo conflitto Iran-Iraq.
Solo nel 1995 fu infine siglato un contratto con la Russia per la finalizzazione della costruzione del reattore. Il reattore fu agganciato alla rete (vale a dire, messo in funzione) nel 2011, iniziando ufficialmente a produrre energia elettrica. Fortunatamente, durante il più recente conflitto la centrale nucleare non è stata oggetto di attacchi.
È importante sottolineare che le conseguenze, nell’ipotesi di un attacco, sarebbero state le più severe perché l’impianto è in funzione e per sua natura ospita elevate quantità di materiale nucleare e contempla un vasto inventario di elementi radioattivi, in forma diversa.  

Figura 2 – Centrale nucleare di Bushehr
Credits: https://world-nuclear-news.org/Articles/Bushehr-reaches-full-capacity

In generale, dunque, colpire un impianto nucleare in operazione rappresenta un pericolo perché, nell’ipotesi in cui fallissero tutti i sistemi a protezione del materiale nucleare, potrebbe causare il rilascio di radioattività in ambiente.
È opportuno sottolineare, tuttavia, che una centrale nucleare è progettata al fine di contenere l’eventuale fuga di materiale radioattivo in caso di incidente severo, e per farlo si avvale di una serie di barriere “a matrioska”: la prima è il pellet di combustibile, che confina i prodotti di fissione una volta generati; la seconda è la barra di combustibile, rivestita in lega di Zirconio (un materiale particolarmente resistente) che contiene i pellet. Le barre di combustibile si trovano a loro volta all’interno del vessel, un recipiente in acciaio che funge da terza barriera. Infine, il vessel è collocato all’interno dell’edificio reattore, un edificio di contenimento in cemento rivestito di acciaio, che contiene inoltre il circuito primario.
Prima che si verifichi un rilascio di radioattività, dunque, è necessario che siano penetrati tutti i layers sopra menzionati. A questo proposito, come anticipato, il reattore della centrale nucleare di Bushehr è di tipo VVER-1000, dal design e dalle caratteristiche paragonabili a quelle dei reattori di tecnologia occidentale attualmente in funzionamento in molti paesi. . 

Infine, un altro conflitto purtroppo ancora in atto – quello russo-ucraino – ci ricorda che, se non è possibile scongiurare l’attacco militare, è comunque possibile mettere in condizioni di maggiore sicurezza un reattore nucleare: tutti e sei i reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhya sono stati da molto tempo posti in stato di spegnimento a freddo (il cosiddetto “cold shutdown”). Il termine si riferisce all’operazione di riduzione della temperatura interna del reattore, ad opera di un opportuno sistema di raffreddamento, che lo porta gradualmente a pressione atmosferica e ad una temperatura inferiore ai 200 gradi Fahrenheit (pari a circa 93 gradi Celsius). Effettuare questa operazione fa sì che, anche in caso di temporanea assenza di elettricità causata, ad esempio, da un attacco ai sistemi elettrici della centrale, il reattore sia già in parte raffreddato, fornendo un intervallo temporale più ampio per intervenire rispetto al rischio di surriscaldamento. La de-pressurizzazione dei circuiti, inoltre, riduce l’energia immagazzinata nell’impianto aumentando ulteriormente i margini di sicurezza. 

Reattori di ricerca

Un reattore di ricerca non ha l’obiettivo di produrre energia, bensì di produrre neutroni. I neutroni, poi, possono essere utilizzati per un’infinità di applicazioni: degli esempi ne sono i test di irraggiamento sui materiali o la produzione di isotopi per uso medico e industriale. Presso il centro di ricerca di Teheran è presente un reattore di ricerca in operazione, anch’esso fortunatamente non oggetto di attacco militare. Tuttavia, se fosse stato colpito, anche in questo caso ci sarebbero potute essere conseguenze in termini di potenziale rilascio di radioattività nell’ambiente. Altri reattori di ricerca sono presenti, come già anticipato, presso il sito di Isfahan. L’Iran ha anche un altro reattore di ricerca in costruzione ad Arak, chiamato IR-40. Si tratta di un reattore di ricerca ad acqua pesante, che per funzionare utilizza uranio naturale (non arricchito) e acqua pesante. L’acqua pesante è acqua come la conosciamo noi, ma con una piccola differenza. Ricordate gli isotopi? Ebbene, l’acqua pesante è costituita da molecole che anziché contenere idrogeno, contengono il deuterio (l’isotopo dell’idrogeno che ha, in più rispetto a questo, un neutrone). Il reattore è stato danneggiato durante l’attacco militare, ma non ci sono conseguenze in termini di rilascio di radioattività perché risulta attualmente ancora in costruzione e dunque non contiene materiale nucleare. 

Figura 3 – Reattori di ricerca ad acqua
Credits: https://www.iaea.org/newscenter/news/improving-safe-and-efficient-use-research-reactors-iaea-conference-address-challenges-and-ways-forward

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA)

L’attacco ad un’installazione nucleare può generare una perdita del confinamento di materiale radioattivo e dunque rappresenta sempre un pericolo. Le immagini satellitari ci mostrano l’effetto degli attacchi anche se né l’effettiva operabilità degli impianti né lo stato radiologico delle aree possono, per il momento, essere definiti con certezza.
In questo contesto, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), che ha l’obiettivo primario di promuovere l’utilizzo pacifico del nucleare, ha seguito attentamente la vicenda, fornendo continui aggiornamenti sulla situazione. 
A questo proposito, concludiamo proprio con una considerazione del direttore generale della IAEA, Rafael Grossi, con l’augurio che possa farci riflettere.

“Our shared mission of Atoms for Peace is a noble one. It has saved millions of lives and livelihoods. Together we have done so much to maximise the life-affirming power of the atom and minimize its destructive potential. Yes, there are differences. Yes, we may not agree on the reasons behind and even the consequences of the current crisis. But there is a common denominator that exists: First, we don’t want to see a nuclear accident; second, we don’t want to see more nuclear weapon states in the world. And yes, we have this institution, the IAEA, through which to work professionally and constructively towards this end. This is a precious foundation on which we can build trust”.

[https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-generals-introductory-statement-to-the-board-of-governors-23-june-2025]

[Tradotto] La nostra missione condivisa di Atomi per la Pace è nobile. Ha salvato milioni di vite […]. Insieme abbiamo fatto tanto per massimizzare il potere dell’atomo di affermare la vita e minimizzato il suo potenziale distruttivo. Sì, ci sono delle differenze. Sì, possiamo non concordare sulle ragioni e neppure sulle conseguenze della crisi attuale. Ma esiste un comune denominatore: primo, non vogliamo assistere ad un incidente nucleare; secondo, non vogliamo vedere altri stati dotati di arma atomica nel mondo. Abbiamo un’istituzione, la IAEA, attraverso la quale lavorare professionalmente e costruttivamente verso l’obiettivo. Questa rappresenta una base preziosa sulla quale possiamo costruire fiducia reciproca.

Nota:

Per approfondire maggiormente la storia del nucleare iraniano dagli albori fino agli accordi del 2015, rimandiamo alla nostra serie di articoli pubblicati quell’anno e disponibili ai link riportati qui di seguito.
Prima parte:
https://nucleareeragione.org/2015/08/24/due-parole-sulla-questione-iraniana/
Seconda parte:
https://nucleareeragione.org/2015/08/28/due-parole-sulla-questione-iraniana-2/
Terza parte:
https://nucleareeragione.org/2015/08/31/due-parole-sulla-questione-iraniana-3/
Quarta parte:
https://nucleareeragione.org/2015/09/02/due-parole-sulla-questione-iraniana-4/
Quinta parte:
https://nucleareeragione.org/2015/09/04/due-parole-sulla-questione-iraniana-5/

Fonti:

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-2

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-3

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-4

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-5

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-6

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-7

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-generals-introductory-statement-to-the-board-of-governors-16-june-2025

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-general-grossis-statement-to-unsc-on-situation-in-iran-20-june-2025

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-general-grossis-statement-to-unsc-on-situation-in-iran-22-june-2025

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-generals-introductory-statement-to-the-board-of-governors-23-june-2025

https://pris.iaea.org/pris/home.aspx

https://nucleus.iaea.org/rrdb/home

https://world-nuclear.org/information-library/country-profiles/countries-g-n/iran