Il nucleare sostenibile: riciclo dei combustibili

di Claudia Gasparrini


Aggiornamento 25/8/2025: abbiamo pubblicato sul nostro canale Instagram alcuni quiz sulle tematiche trattate da questo articolo. Trovate i quesiti e le relative risposte scorrendo fino in fondo alla pagina.
Se siete interessati alle puntate precedenti dei nostri quiz, potete leggere gli articoli correlati quiquiqui e qui.


Quanti di voi si sono sentiti dire, quando parlate di energia nucleare per combattere il cambiamento climatico: “Usare il nucleare?! Giammai! E le sue scorie? Dove le mettiamo?! Non c’è una soluzione!” Beh, sappiate che potete benissimo rispondere che i rifiuti radioattivi sono gestiti in maniera sicura da 60 anni e che vengono stoccati in depositi di superficie o geologici. Una soluzione considerata permanente si sta per esempio sviluppando concretamente in due Paesi, con i depositi di Onkalo in Finlandia [1] e KBS-3 in Svezia [2].  Inoltre, potete anche rispondere che le scorie radioattive possono essere riciclate!

Oggi parleremo di come il nucleare di ieri, di oggi e di domani abbia sempre avuto un occhio di riguardo verso la sostenibilità e il riciclo delle sue materie prime.
Per far funzionare i reattori nucleari a fissione più diffusi al mondo, i cosiddetti “reattori termici” , serve un combustibile composto da elementi “fissili”, la cui reazione di fissione a catena è sostenuta dalla presenza di neutroni lenti (detti anche, per l’appunto, “termici”). Il processo di fissione genera calore nel reattore, che viene trasferito a un fluido di lavoro (acqua o vapore) e utilizzato per azionare una turbina collegata a un alternatore, producendo così energia elettrica.
Il materiale fissile più utilizzato ai giorni nostri è l’Uranio-235, l’unico isotopo naturale che può fissionare con neutroni lenti. In natura, però, l’uranio è costituito quasi interamente da Uranio-238, che differisce dall’Uranio-235 per il numero di neutroni nel nucleo. Le abbondanze naturali sono circa il 99.28% per l’Uranio-238 e solo lo 0.72% per l’Uranio-235, rendendo quest’ultimo molto raro.
Ebbene sì, la maggior parte delle centrali nucleari operanti al giorno d’oggi nel mondo fa affidamento principalmente su questo 0.72% di uranio presente sulla Terra! Nella procedura di realizzazione del combustibile, questa concentrazione viene innalzata a circa il 3-5%, tramite il cosiddetto processo di “arricchimento”.
I rifiuti radioattivi ad alta attività prodotti dalle centrali (le cosiddette “scorie”) contengono, a fine vita, ancora una significativa quantità di combustibile non pienamente sfruttato. I pellets di combustibile esaurito (vedi Fig.1) sono costituiti principalmente da Uranio-238 (>94% in peso), da una quota residua di Uranio-235 non fissionato (circa 1%), da vari isotopi del plutonio formati per cattura neutronica dell’Uranio-238 (circa 1%), e da altri prodotti di fissione e attinidi (circa il 5%). Il plutonio e gli attinidi sono elementi radioattivi con emivite molto lunghe, e sono i principali responsabili della necessità di conservare le scorie radioattive in contenitori sicuri per periodi estremamente lunghi, nell’ordine di centinaia di migliaia di anni. 

Figura 1 – Una foto di un combustibile nucleare che alimenta centrali nucleari veloci (questo è un pellet di carburo di uranio che fu prodotto negli Anni ’50 in UK [3]).

Sin dagli Anni ’50, con lo sviluppo dei primi impianti nucleari, si pensò a come massimizzare le riserve di uranio, estraendo da esse quanta più energia possibile. Fu ideata una classe di reattori in grado di sfruttare l’abbondante Uranio-238 come combustibile, e al tempo stesso di “bruciare” o riutilizzare il plutonio e gli altri attinidi prodotti durante il funzionamento dei reattori termici. Il primo reattore a produrre elettricità nel mondo lo fece proprio grazie all’utilizzo di questi elementi radioattivi, si chiamava EBR-I: Experimental Breeder Reactor-I [4].  Questo primo esempio di reattore “avanzato”, per come lo definiremmo oggi, fu in grado di accendere 4 lampadine il 20 Dicembre 1951 ed era un reattore a neutroni veloci, fast, e autofertilizzante, breeder, ovvero in grado di generare più combustibile di quello che consumava.
I fast breeder reactors (reattori veloci autofertilizzanti) sono una categoria di reattori molto particolari, in grado di utilizzare come combustibile le cosiddette “scorie” radioattive, che contengono per lo più Uranio-238.
Quando investiti dai neutroni veloci, l’Uranio-238 e il plutonio possono essere fissionati, liberando calore e energia. L’Uranio-238 può inoltre trasformarsi a sua volta in plutonio tramite assorbimento neutronico, generando quindi nuovo combustibile fissile che a sua volta produce energia se sottoposto a fissione. Nei reattori veloci è anche possibile “bruciare” altri elementi presenti nelle scorie radioattive prodotte dai reattori termici: la loro fissione non solo produce energia aggiuntiva, ma riduce la quantità di rifiuti ad alta attività, riducendo notevolmente le necessità di stoccaggio a lungo termine.
La potenza energetica per kg di combustibile che si ottiene nei reattori veloci autofertilizzanti è molto maggiore che nei reattori termici: si stima che l’energia prodotta possa essere 60 – 100 volte superiore a quella dei reattori convenzionali, grazie ad un uso più efficiente delle materie prime [5].
Grazie all’utilizzo delle scorie radioattive come nuovo combustibile si riesce a minimizzare la quantità di rifiuti da stoccare a fine vita, riducendone anche la loro vita radioattiva, poiché i neutroni veloci riescono a “rompere” i rifiuti radioattivi a emivita lunga. Uno schema del ciclo di vita dei pellets di combustibile nel caso in cui i reattori termici vengano accoppiati ai reattori veloci si trova nella foto sottostante.

Figura 2 – Ciclo di vita del combustibile nucleare (semplificato); grazie all’opzione reattore termico accoppiato a reattore veloce i rifiuti radioattivi sono in quantità minore e con una vita radioattiva inferiore (rappresentato da frecce verdi)

Insomma, sembrerebbe la soluzione perfetta! Ma allora perché non la implementiamo sistematicamente? Esistono reattori veloci in funzione al giorno d’oggi?
La prima domanda non ha una risposta immediata. I reattori veloci autofertilizzanti, come abbiamo visto, non sono una tecnologia recente, ma hanno avuto un successo inferiore rispetto ai reattori termici (in questa seconda categoria inseriamo tutte le tipologie di reattori raffreddati ad acqua o gas operanti, e che ammontano oggi a circa 400 in tutto il mondo [6]). Il motivo dello scarso successo ricade sul loro costo di costruzione e gestione, su alcune difficoltà di tipo tecnologico e sul delicato processo necessario per la preparazione dei combustibili da utilizzare in questi reattori (il cosiddetto reprocessing, o riprocessamento).  Inoltre, la presenza di abbondanti risorse di uranio in natura a basso costo, non ha al momento spinto l’industria nucleare a cercare su larga scala soluzioni alternative che prevedessero il riciclo delle scorie precedentemente prodotte.
La seconda domanda ha una risposta più facile: sì, esistono già reattori veloci operanti! Uno di essi è connesso alla rete elettrica russa ed è il BN-800 .
Grazie allo sviluppo futuro su più larga scala di una flotta di reattori veloci, integrati con i reattori termici ad oggi più diffusi, sarà possibile ridurre significativamente la quantità e la durata di stoccaggio delle scorie radioattive, massimizzando al contempo l’utilizzo dei combustibili nucleari, che diventeranno così una risorsa abbondante e in parte auto-rigenerante. 


QUANTE NE SAI?

Abbiamo di recente lanciato sul nostro canale Instagram una serie di quiz a tema nucleare, con cadenza settimanale.
Ecco i quesiti proposti il 25 agosto 2025 (in grassetto le risposte corrette):

1) Quali reattori possono riciclare il combustibile?
a – Reattori a fissione convenzionali
b – Reattori autofertilizzanti
c – Reattori a fusione

2) Il riprocessamento del combustibile serve a:
a – Smaltire in sicurezza le scorie ad alta attività
b – Recuperare i materiali fissili residui
c – Accelerare i decadimentl radioattivi

3) I reattori autofertilizzanti non sono ancora diffusi:
a – Per via del costo e della complessità dei processi                                               
b – Perché producono più scorie rispetto degli altri reattori
c – Perché necessitano di uranio arricchito


RIFERIMENTI

[1] https://www.posiva.fi/en/

[2] https://www.skb.com/future-projects/the-spent-fuel-repository/our-methodology/

[3] C. Gasparrini, “Oxidation of Zirconium and Uranium Carbides” – PhD Thesis, Department of Materials, Imperial College London, 2018

[4] https://inl.gov/experimental-breeder-reactor-i/ 

[5] https://www.iaea.org/newscenter/news/fast-reactors-provide-sustainable-nuclear-power-thousands-years 

[6] https://pris.iaea.org/pris/home.aspx

Fonti per per reattori e veloci e riprocessamento:

https://world-nuclear.org/information-library/current-and-future-generation/fast-neutron-reactors.aspx

https://world-nuclear.org/information-library/nuclear-fuel-cycle/fuel-recycling/processing-of-used-nuclear-fuel.aspx