di Massimo Burbi
“Resterà radioattivo per centinaia di anni” è una di quelle frasi che fanno sempre il pieno di click.
Dipende dal tempo di dimezzamento, ogni radionuclide ha il suo e anche parlando dei più “comuni” si può andare da qualche giorno a miliardi di anni [1]. Un tempo di dimezzamento molto lungo vuol dire che quel radionuclide continuerà ad emettere radiazioni ionizzanti per molto tempo, il che viene generalmente associato ad un maggior rischio per la popolazione, ma è proprio così?
Quello qui sotto è lo spettro gamma di un campione di suolo contaminato misurato nel 2019, anche senza sapere da dove proviene c’è un indicatore certo per stabilire che si tratta di contaminazione da Fukushima e non da Chernobyl: la presenza ancora ben visibile di uno dei picchi di Cesio 134.

Al momento dell’incidente i picchi di Cesio 134 e Cesio 137 avevano “altezze” paragonabili, ma il Cesio 134 ha un tempo di dimezzamento di 2.06 anni [2], quindi negli otto anni circa trascorsi tra il suo rilascio in atmosfera nel 2011 e il momento della misura si era già dimezzato quasi quattro volte, mentre il picco del Cesio 137, con il suo tempo di dimezzamento di 30.07 anni [3], si era ridotto di meno del 20%.

Ripetendo la misura su quello stesso campione di suolo oggi, il picco del Cesio 134 risulterebbe ulteriormente ridotto di quasi tre volte, mentre quello del Cesio 137 sarebbe quasi intatto, ed ecco perché, nel lungo periodo, Il Cesio 137 resterà l’unico radionuclide rilasciato a seguito dell’incidente di Fukushima chiaramente rilevabile con uno spettrometro gamma, come è già da tempo a Chernobyl, dove i picchi gamma di Cesio 134 e di altri radionuclidi a vita più breve sono scomparsi da un pezzo.
Se il Cesio 137 è quindi il principale responsabile della radioattività a medio/lungo termine causata da eventi come Chernobyl [4], vuol dire che questo è il radionuclide più pericoloso che si produce in circostanze del genere?
Parlando in particolare di esposizione interna, ovvero quella dovuta all’ingestione di cibo contaminato o all’inalazione di polveri, la risposta è no: un elevato tempo di dimezzamento non vuole infatti necessariamente dire un maggiore rischio. Questa grandezza va infatti messa in relazione con un altro tempo di dimezzamento, quello biologico, che esprime quanto si stima che quel radionuclide rimarrà all’interno del corpo umano.
Ad esempio il Cesio 137 ha un tempo di dimezzamento di 30 anni e un tempo di dimezzamento biologico di circa 70 giorni [5], il che vuol dire che abbandona l’organismo avendo rilasciato solo una piccola parte delle sue radiazioni.
Al contrario, lo Iodio 131, altro radionuclide che viene rilasciato in eventi come Chernobyl o Fukushima, ha un tempo di dimezzamento di soli 8 giorni [6], ma un tempo di dimezzamento biologico dell’ordine dei 100 giorni [7], quindi, se assorbito, ad esempio attraverso gli alimenti, ha una capacità molto maggiore di rilasciare le sue radiazioni prima di abbandonare il nostro corpo.
A Chernobyl, al 2005, lo Iodio 131 aveva causato fino a 6000 tumori alla tiroide di cui 15 letali [8], anche per la mancanza di informazione da parte delle autorità sovietiche, che nei primi tempi dopo l’incidente non misero in guardia la popolazione delle aree rurali sui rischi di consumare alimenti come il latte proveniente da quelle zone [9]. Per inciso, non ci sono evidenze di altri effetti sulla salute della popolazione (*) dovuti alle radiazioni [10].

Lo Iodio 131 scompare in poco più di un mese, qualche settimana di attenzione sarebbe quindi bastata a disinnescarne i rischi, lasciando il campo alle conseguenze a lungo termine dovute al solo Cesio 137, che continuerà a contribuire alla radioattività di quei luoghi per decenni e secoli, ma senza causare altrettanti danni (**) [11].
Ecco perché “resterà radioattivo per centinaia di anni” è una frase che va saputa scrivere e va saputa leggere, ed è bene diffidare di chi la usa come scorciatoia per dipingere scenari catastrofistici un tanto al chilo.
P.S. parlando di tempi di dimezzamento lunghi, i tre principali radionuclidi che contribuiscono alla radioattività naturale, quella che è intorno e dentro di noi, ovvero l’Uranio 238 [12], il Potassio 40 [13] e il Torio 232 [14], hanno tempi di dimezzamento rispettivamente di 4.5, 1.25 e 14 miliardi di anni.
(*) Escludendo quindi i membri del personale intervenuto sul posto subito dopo l’incidente, alcuni dei quali hanno assorbito dosi molto elevate.
(**) Inoltre la radiazione dello Iodio 131 si concentra su un singolo organo (la tiroide), peggiorando ulteriormente la situazione.
RIFERIMENTI
[1] https://www.epa.gov/radiation/radionuclides
[2] http://nucleardata.nuclear.lu.se/toi/nuclide.asp?iZA=550134
[3] http://nucleardata.nuclear.lu.se/toi/nuclide.asp?iZA=550137
[4] https://hps.org/documents/chernobyl_legacy_booklet.pdf
[5] http://hyperphysics.phy-astr.gsu.edu/hbase/Nuclear/biohalf.html
[6] http://nucleardata.nuclear.lu.se/toi/nuclide.asp?iZA=530131
[7] http://hyperphysics.phy-astr.gsu.edu/hbase/Nuclear/biohalf.html
[8] https://www.unscear.org/docs/reports/2008/11-80076_Report_2008_Annex_D.pdf (general conclusions, pagine 64 e 65)
[9] https://www.unscear.org/docs/reports/2008/11-80076_Report_2008_Annex_D.pdf (punto 140, pagina 84).
[10] https://www.unscear.org/docs/reports/2008/11-80076_Report_2008_Annex_D.pdf (general conclusions, pagine 64 e 65)
[11] https://www.unscear.org/docs/reports/2008/11-80076_Report_2008_Annex_D.pdf (punto 4, pagina 47, punto 100, pagina 65).
[12] http://nucleardata.nuclear.lu.se/toi/nuclide.asp?iZA=920238
[13] http://nucleardata.nuclear.lu.se/toi/nuclide.asp?iZA=190040
[14] http://nucleardata.nuclear.lu.se/toi/nuclide.asp?iZA=900232