“Oggi nel mondo si produce più energia nucleare che nel 2011 [e l’incidente di Fukushima ha insegnato che] nonostante l’eccezionalità dell’evento naturale, l’incidente poteva essere evitato o almeno meglio gestito, come peraltro dimostrato dalle due centrali vicine di Onagawa e Fukushima-Daini, che hanno resistito senza problemi sia al sisma sia allo tsunami”.
Queste le parole del nostro socio il Professor Matteo Passoni, coordinatore del corso di studi Nuclear Engineering al Politecnico di Milano, ad ANSA Scienza e Tecnologia.
L’occasione dei 10 anni dal terremoto e tsunami che devastarono la prefettura di Fukushima permette anche di ampliare lo sguardo alla situazione internazionale dell’utilizzo della fissione come fonte di energia, e del suo sviluppo in Paesi come la Turchia (ne stiamo parlando anche sul nostro sito), Emirati Arabi, Bielorussia, Russia, Cina, India e molti altri.
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Qualsiasi attività umana comporta un certo rischio, che con le dovute precauzioni può essere ridotto, anche di molto, ma mai portato a zero.
Nell’attraversare una strada può morire una persona, nel guidare un automobile possono morire delle persone, tre quattro, cinque? In un incidente ferroviario possono morire decine di persone, in uno aereo centinaia, In un incidente di uno stabilimento chimico possono morire centinaia di persone; dispiace per tutti, ma in tutti questi casi sempre finisce tutto li. Anche in un disastro di una petroliera che si incaglia, i riversamenti causano danni catastrofici, ma in dieci, venti anni ? Si può ristabilire tutto. In un incidente nucleare possono morire migliaia di persone, chi subito, chi dopo anni, dispiace e pace all’anima loro. Il problema è che non finisce li. Chi si può arrogare il diritto di decidere di condizionare l’esistenza di persone che nasceranno fra dieci, cento e forse mille anni?