L’atomo iraniano: panoramica e conseguenze di un attacco militare

di Martina Gallarati

In tempo di guerra le notizie corrono veloci e, soprattutto quando coinvolgono temi complessi e delicati come il nucleare, possono confonderci e alimentare i nostri timori.
I drammatici eventi di attualità, in particolare, hanno sicuramente portato molti di voi a domandarsi quali possano essere le conseguenze di un attacco militare ai danni di un’installazione nucleare.
In questo articolo proviamo a dare una risposta riferendoci, nella fattispecie, agli eventi che hanno coinvolto gli impianti nucleari dell’Iran. Per farlo, occorre innanzitutto precisare che le installazioni nucleari possono essere molto diverse le une dalle altre, e di conseguenza gli effetti che un attacco militare può comportare su di esse. Pertanto, dobbiamo cominciare dal principio: puntiamo lo sguardo dritto su questo territorio che di nucleare ha tanto da raccontare e cominciamo con il delinearne la geografia. 

Installazioni nucleari iraniane

L’Iran conta sul proprio territorio diversi siti nucleari che ospitano impianti e installazioni differenti. Si precisa che la panoramica che viene qui fornita non intende essere esaustiva; si concentrerà piuttosto sulle installazioni rappresentative di ciascuna tipologia, con una menzione a tutte quelle che sono state oggetto di attacchi militari. Per semplicità, in base alla loro funzione, possiamo quindi raggruppare i siti nucleari iraniani nelle seguenti categorie:

  • Impianti per l’arricchimento dell’uranio;
  • Centrali nucleari, che ospitano i reattori nucleari per la produzione di energia;
  • Installazioni di ricerca, tra le quali vi sono i reattori di ricerca. 
Figura 1 – Principali siti nucleari in Iran
Credits: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/i-siti-nucleari-di-teheran-29044

Impianti per l’arricchimento dell’uranio

Come abbiamo spiegato in un precedente articolo, un impianto per l’arricchimento dell’uranio ha l’obiettivo di incrementare la concentrazione dell’isotopo 235 dell’uranio al fine di renderlo ottimale come combustibile nei reattori nucleari ad uso civile, e per farlo si avvale di un sistema di centrifughe “a cascata”. Al crescere della percentuale di arricchimento, tuttavia, l’uranio si rende adatto anche al suo potenziale utilizzo militare. In Iran sono tre i principali siti che ospitano e trattano materiale nucleare nella forma di uranio arricchito in percentuali diverse: Natanz, Fordow e da ultimo Isfahan.
Una precisazione: il sito di Isfahan non rientra strettamente in questa categoria di impianti, ma (come vedremo nel seguito) viene inserito qui perché ospita varie installazioni a supporto della lavorazione dell’uranio per il successivo trattamento di arricchimento.

Il sito di Natanz ospita due impianti: un impianto di arricchimento del combustibile e un impianto pilota di arricchimento, comprensivo di una parte in superficie e di una parte sotterranea. Entrambi gli impianti hanno subito degli attacchi durante il più recente conflitto, che hanno comportato nell’installazione principale la distruzione dell’infrastruttura elettrica e il parziale danneggiamento delle gallerie che ospitano le centrifughe mentre, nell’impianto pilota, il danneggiamento in misura maggiore in superficie.
A seguito degli attacchi al sito di Natanz, non è stato registrato un aumento del livello di radioattività nelle aree limitrofe. Se quindi all’esterno dell’installazione si può escludere un impatto radiologico sulla popolazione (l’“effetto” che le radiazioni hanno sull’uomo) così come sull’ambiente, all’interno del sito la situazione potrebbe essere diversa. Infatti, un attacco che comporta il danneggiamento dell’integrità di un impianto può determinare, a livello locale, la perdita del confinamento di materiale nucleare. Nella fattispecie, la dispersione di uranio nel sito con conseguente contaminazione sia radiologica che chimica.
Proviamo a capirci qualcosa in più. Innanzitutto, sappiamo che un impianto di arricchimento processa uranio parte di un composto in forma gassosa (esafluoruro di Uranio o UF6). Questa sostanza rappresenta un pericolo per la salute dell’uomo da due punti di vista:

  • Dal punto di vista chimico; i composti dell’uranio, infatti, sono tossici. 
  • Dal punto di vista radiologico; l’uranio è un elemento radioattivo, questo significa che il suo nucleo è instabile e, per raggiungere uno stato di maggiore “equilibrio”, decade. Decadere significa trasformarsi, e durante questa trasformazione si possono liberare anche delle particelle. L’uranio è principalmente un emettitore alfa perché quando decade emette le cosiddette particelle alfa (nuclei di Elio costituiti da due protoni e due neutroni), che sono particolarmente pericolose per l’uomo se inalate o ingerite. 

Fordow è il secondo impianto di arricchimento, dopo quello di Natanz, ed è stato costruito in profondità, dove ospita il complesso sistema di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. L’installazione ha subito due attacchi sulle cui conseguenze non abbiamo, al momento, informazioni attendibili, ma poiché le centrifughe sono delicate, è ragionevole attendersi un danneggiamento non trascurabile.

Infine, Isfahan è un sito che ospita numerose installazioni nucleari anche di ricerca. Ci concentriamo su quelle che sono state oggetto degli attacchi delle scorse settimane.
Il primo è un impianto per la conversione dell’uranio, con la funzione di trasformare l’uranio concentrato dopo l’estrazione mineraria in esafluoruro di uranio UF6 per il successivo arricchimento. La seconda è un’installazione per la realizzazione delle centrifughe, anch’essa sottoposta ad attacco militare ma, dato il suo scopo, priva di materiale nucleare. Sono state oggetto di attacco militare altre installazioni che sorgono presso il sito, tra cui ci limiteremo a citare: un laboratorio chimico, un impianto per la fabbricazione del combustibile e una facility per la lavorazione dell’uranio in forma metallica, quest’ultima in costruzione.
Anche presso il sito di Isfahan non è stato registrato un aumento del livello di radioattività esterna. Il principale pericolo rimane, come nei precedenti impianti, la tossicità chimica negli ambienti colpiti che detengono uranio.

Centrali nucleari

L’obiettivo di una centrale nucleare è quello di produrre energia elettrica. Bushehr sorge sul Golfo Persico, a circa 1000 km a sud di Teheran e si tratta dell’unica centrale nucleare in operazione in Iran. Il reattore è della tipologia ad acqua pressurizzata e a uranio a basso arricchimento (tra il 3% e il 5%) dal design VVER-1000 sviluppato in Russia. L’unità in operazione è in grado di erogare una potenza elettrica pari a 915 MW e ad oggi copre circa il 2% del fabbisogno nazionale. La sua costruzione iniziò nel 1975 ad opera di una compagnia tedesca e subì una battuta d’arresto con la rivoluzione islamica in Iran e con il successivo conflitto Iran-Iraq.
Solo nel 1995 fu infine siglato un contratto con la Russia per la finalizzazione della costruzione del reattore. Il reattore fu agganciato alla rete (vale a dire, messo in funzione) nel 2011, iniziando ufficialmente a produrre energia elettrica. Fortunatamente, durante il più recente conflitto la centrale nucleare non è stata oggetto di attacchi.
È importante sottolineare che le conseguenze, nell’ipotesi di un attacco, sarebbero state le più severe perché l’impianto è in funzione e per sua natura ospita elevate quantità di materiale nucleare e contempla un vasto inventario di elementi radioattivi, in forma diversa.  

Figura 2 – Centrale nucleare di Bushehr
Credits: https://world-nuclear-news.org/Articles/Bushehr-reaches-full-capacity

In generale, dunque, colpire un impianto nucleare in operazione rappresenta un pericolo perché, nell’ipotesi in cui fallissero tutti i sistemi a protezione del materiale nucleare, potrebbe causare il rilascio di radioattività in ambiente.
È opportuno sottolineare, tuttavia, che una centrale nucleare è progettata al fine di contenere l’eventuale fuga di materiale radioattivo in caso di incidente severo, e per farlo si avvale di una serie di barriere “a matrioska”: la prima è il pellet di combustibile, che confina i prodotti di fissione una volta generati; la seconda è la barra di combustibile, rivestita in lega di Zirconio (un materiale particolarmente resistente) che contiene i pellet. Le barre di combustibile si trovano a loro volta all’interno del vessel, un recipiente in acciaio che funge da terza barriera. Infine, il vessel è collocato all’interno dell’edificio reattore, un edificio di contenimento in cemento rivestito di acciaio, che contiene inoltre il circuito primario.
Prima che si verifichi un rilascio di radioattività, dunque, è necessario che siano penetrati tutti i layers sopra menzionati. A questo proposito, come anticipato, il reattore della centrale nucleare di Bushehr è di tipo VVER-1000, dal design e dalle caratteristiche paragonabili a quelle dei reattori di tecnologia occidentale attualmente in funzionamento in molti paesi. . 

Infine, un altro conflitto purtroppo ancora in atto – quello russo-ucraino – ci ricorda che, se non è possibile scongiurare l’attacco militare, è comunque possibile mettere in condizioni di maggiore sicurezza un reattore nucleare: tutti e sei i reattori della centrale nucleare di Zaporizhzhya sono stati da molto tempo posti in stato di spegnimento a freddo (il cosiddetto “cold shutdown”). Il termine si riferisce all’operazione di riduzione della temperatura interna del reattore, ad opera di un opportuno sistema di raffreddamento, che lo porta gradualmente a pressione atmosferica e ad una temperatura inferiore ai 200 gradi Fahrenheit (pari a circa 93 gradi Celsius). Effettuare questa operazione fa sì che, anche in caso di temporanea assenza di elettricità causata, ad esempio, da un attacco ai sistemi elettrici della centrale, il reattore sia già in parte raffreddato, fornendo un intervallo temporale più ampio per intervenire rispetto al rischio di surriscaldamento. La de-pressurizzazione dei circuiti, inoltre, riduce l’energia immagazzinata nell’impianto aumentando ulteriormente i margini di sicurezza. 

Reattori di ricerca

Un reattore di ricerca non ha l’obiettivo di produrre energia, bensì di produrre neutroni. I neutroni, poi, possono essere utilizzati per un’infinità di applicazioni: degli esempi ne sono i test di irraggiamento sui materiali o la produzione di isotopi per uso medico e industriale. Presso il centro di ricerca di Teheran è presente un reattore di ricerca in operazione, anch’esso fortunatamente non oggetto di attacco militare. Tuttavia, se fosse stato colpito, anche in questo caso ci sarebbero potute essere conseguenze in termini di potenziale rilascio di radioattività nell’ambiente. Altri reattori di ricerca sono presenti, come già anticipato, presso il sito di Isfahan. L’Iran ha anche un altro reattore di ricerca in costruzione ad Arak, chiamato IR-40. Si tratta di un reattore di ricerca ad acqua pesante, che per funzionare utilizza uranio naturale (non arricchito) e acqua pesante. L’acqua pesante è acqua come la conosciamo noi, ma con una piccola differenza. Ricordate gli isotopi? Ebbene, l’acqua pesante è costituita da molecole che anziché contenere idrogeno, contengono il deuterio (l’isotopo dell’idrogeno che ha, in più rispetto a questo, un neutrone). Il reattore è stato danneggiato durante l’attacco militare, ma non ci sono conseguenze in termini di rilascio di radioattività perché risulta attualmente ancora in costruzione e dunque non contiene materiale nucleare. 

Figura 3 – Reattori di ricerca ad acqua
Credits: https://www.iaea.org/newscenter/news/improving-safe-and-efficient-use-research-reactors-iaea-conference-address-challenges-and-ways-forward

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA)

L’attacco ad un’installazione nucleare può generare una perdita del confinamento di materiale radioattivo e dunque rappresenta sempre un pericolo. Le immagini satellitari ci mostrano l’effetto degli attacchi anche se né l’effettiva operabilità degli impianti né lo stato radiologico delle aree possono, per il momento, essere definiti con certezza.
In questo contesto, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), che ha l’obiettivo primario di promuovere l’utilizzo pacifico del nucleare, ha seguito attentamente la vicenda, fornendo continui aggiornamenti sulla situazione. 
A questo proposito, concludiamo proprio con una considerazione del direttore generale della IAEA, Rafael Grossi, con l’augurio che possa farci riflettere.

“Our shared mission of Atoms for Peace is a noble one. It has saved millions of lives and livelihoods. Together we have done so much to maximise the life-affirming power of the atom and minimize its destructive potential. Yes, there are differences. Yes, we may not agree on the reasons behind and even the consequences of the current crisis. But there is a common denominator that exists: First, we don’t want to see a nuclear accident; second, we don’t want to see more nuclear weapon states in the world. And yes, we have this institution, the IAEA, through which to work professionally and constructively towards this end. This is a precious foundation on which we can build trust”.

[https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-generals-introductory-statement-to-the-board-of-governors-23-june-2025]

[Tradotto] La nostra missione condivisa di Atomi per la Pace è nobile. Ha salvato milioni di vite […]. Insieme abbiamo fatto tanto per massimizzare il potere dell’atomo di affermare la vita e minimizzato il suo potenziale distruttivo. Sì, ci sono delle differenze. Sì, possiamo non concordare sulle ragioni e neppure sulle conseguenze della crisi attuale. Ma esiste un comune denominatore: primo, non vogliamo assistere ad un incidente nucleare; secondo, non vogliamo vedere altri stati dotati di arma atomica nel mondo. Abbiamo un’istituzione, la IAEA, attraverso la quale lavorare professionalmente e costruttivamente verso l’obiettivo. Questa rappresenta una base preziosa sulla quale possiamo costruire fiducia reciproca.

Nota:

Per approfondire maggiormente la storia del nucleare iraniano dagli albori fino agli accordi del 2015, rimandiamo alla nostra serie di articoli pubblicati quell’anno e disponibili ai link riportati qui di seguito.
Prima parte:
https://nucleareeragione.org/2015/08/24/due-parole-sulla-questione-iraniana/
Seconda parte:
https://nucleareeragione.org/2015/08/28/due-parole-sulla-questione-iraniana-2/
Terza parte:
https://nucleareeragione.org/2015/08/31/due-parole-sulla-questione-iraniana-3/
Quarta parte:
https://nucleareeragione.org/2015/09/02/due-parole-sulla-questione-iraniana-4/
Quinta parte:
https://nucleareeragione.org/2015/09/04/due-parole-sulla-questione-iraniana-5/

Fonti:

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-2

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-3

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-4

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-5

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-6

https://www.iaea.org/newscenter/pressreleases/update-on-developments-in-iran-7

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-generals-introductory-statement-to-the-board-of-governors-16-june-2025

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-general-grossis-statement-to-unsc-on-situation-in-iran-20-june-2025

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-general-grossis-statement-to-unsc-on-situation-in-iran-22-june-2025

https://www.iaea.org/newscenter/statements/iaea-director-generals-introductory-statement-to-the-board-of-governors-23-june-2025

https://pris.iaea.org/pris/home.aspx

https://nucleus.iaea.org/rrdb/home

https://world-nuclear.org/information-library/country-profiles/countries-g-n/iran

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