Rinnovabili e nucleare sono incompatibili?

di Emiliano Barin

Riproponiamo questo articolo pubblicato originariamente su Rivista Energia. Ringraziamo l’autore. Per un approfondimento completo: Post Normal Times.



Un recente articolo di Montel News sostiene che le strategie divergenti di Germania e Francia esemplificano lo stravolgimento di una ormai datata gerarchia delle risorse per un mercato distribuito guidato dall’offerta, rivelando come nucleare e rinnovabili sarebbero incompatibili nei mercati dell’elettricità.

Tuttavia, questa affermazione è in contrasto con la “logica di sistema” che, per definizione, porta a diversi risultati ottimali in base a vincoli e condizioni differenti. Nel contesto delle reti elettriche significa adottare un approccio olistico alla pianificazione, ottimizzazione e gestione di tutti i componenti (generazione, domanda, trasmissione, distribuzione) per raggiungere obiettivi come decarbonizzazione, affidabilità ed efficienza economica. Pertanto, non esiste un percorso unico.

Incompatibilità nucleare/rinnovabili? Un’inquadratura più appropriata

Gli impegni di decarbonizzazione hanno portato a sostanziali incentivi alle fonti rinnovabili intermittenti (VRE) negli anni 2000-2010, con la maggior parte della capacità installata ancora sotto contratti di sostegno pubblico nella maggior parte dell’UE e fortemente distorta da feed-in tariff (FIT) precoci e costosi. In Germania, ad esempio, impianti del 2008-2012 rappresentano ancora la metà delle spese di sovvenzione.

Ciò ha portato ad un rapido sviluppo delle industrie fotovoltaica ed eolica con significativi cali di costo, ma le tecnologie più economiche di oggi richiedono garanzie di reddito nella maggior parte dei mercati a causa della cosiddetta “cannibalizzazione”, ovvero il rapido calo dei prezzi catturati (valore ponderato in base al volume che un generatore riceve per l’elettricità venduta nel mercato spot in un periodo specifico) causato dalla capacità incentivata più costosa.

Pertanto, “la realtà di oggi” sta nel valutare costi e benefici netti per i consumatori dei diversi investimenti: poiché la capacità di carbone e gas fissa ancora il prezzo marginale per molte ore dell’anno in più mercati, recenti aste governative per solare ed eolico a costi inferiori alla media spot sono un vantaggio netto.

Tuttavia, presumere che questo equilibrio sia garantito nel tempo non sembra prudente o logico date le condizioni e esigenze del sistema in evoluzione, come ad esempio:

  • curva del carico residuo all’aumentare della penetrazione di generazione a costi marginali zero;
  • andamenti della domanda stagionale man mano che veicoli elettrici, pompe di calore e altri carichi si aggiungono alla rete;
  • disponibilità della flotta programmabile tra dismissioni, ammodernamenti e nuove risorse;
  • requisiti di aumento della rete elettrica in base allo sviluppo dei punti precedenti.

Francia vs Germania: sotto la lente d’ingrandimento

Nel biennio 2023-24, i costi dei servizi di sistema e le tariffe di rete mostrano dinamiche divergenti in Francia e Germania:

Sebbene le bollette residenziali non siano sempre la miglior metrica per confrontare i costi totali, la direzione generale è difficile da contestare: il mix di risorse francese sembra aver meglio assorbito l’aumento VRE rispetto all’area Germania, Austria e Lussemburgo (DE-AT-LU).

Inoltre, uno studio pubblicato nel settembre 2024 quantifica costi e benefici netti di un ipotetico rinvio della dismissione degli ultimi reattori tedeschi per i primi mesi del 2023. Ne risulta che un maggior “carico di base” (baseload) garantito dal nucleare avrebbe comportato una riduzione dei costi totali del sistema.

Meno flessibile vs non così complementare

“La flessibilità tecnica del nucleare è possibile ma costosa e ha limiti rigidi” sostiene Josephine Steppat su Montel. Una sentenza eccessivamente pessimista, in netto contrasto con i preziosi spunti offerti dall’esperienza europea:

Al contrario, “I produttori generano più energia rinnovabile durante il giorno dal solare e di notte dal vento” è una semplificazione. Un’analisi di Julien Jomaux riassume come la complementarietà eolica e solare dipenda dalla risoluzione spaziale e temporale in esame (oltre a potenziale geografico): forte su scala stagionale e nazionale, meno su base oraria e nodo di rete!

Questo evidenzia le sfide che un sistema basato su VRE incontrerà nello sviluppare, dimensionare e localizzare:

  1. un portafoglio adeguato di risorse di stoccaggio per sfruttare eccessi di generazione rinnovabile altrimenti tagliati (e conseguenti prezzi nulli o negativi) e ridurre entità e frequenza degli eventi di scarsità (e conseguenti rischi di picchi di prezzo);
  2. l’espansione della rete di trasmissione HV e migliore monitoraggio di quella di distribuzione, poiché l’aumento dei flussi bidirezionali della generazione solare residenziale ne renderà più complessa la previsione e gestione;
  3. l’infrastruttura del gas per adeguatezza e sicurezza operativa, che si tratti per scopi di picco o un contributo più stabile (e se sarà fossile, con Ccus, o un e-fuel).

Migliorare l’approccio alla “logica di sistema”

Il nucleare rimane un complemento imperfetto agli occhi di molti a causa del suo profilo economico, dominato dall’investimento ad alta intensità di capitale durante la fase di costruzione. Questo è in netto contrasto con ciò che idealmente equilibrerebbe le VRE sulla carta, ovvero una risorsa molto flessibile che produce a pieno carico durante i momenti di bassa generazione rinnovabile (come le open-cycle gas turbines, OCGT), più competitiva quanto più bassi sono i propri costi fissi.

Tuttavia, questo approccio sembra riflettere maggiormente una “dipendenza di percorso” che una “logica di sistema”: non vi è garanzia che tale strategia risulti nella più alta probabilità di minori spese totali di sistema, specialmente per quel che riguarda la decarbonizzazione dell’ultimo 10%, quello più complicato e costoso. Molteplici ricerche confermano questa incertezza.

Jesse Jenkins, professore associato all’Università di Princeton che guida il laboratorio sull’ottimizzazione dei sistemi macro energetici, ha coniato un’utile classificazione che descrive le 3 categorie di risorse necessarie per sistemi elettrici a basse emissioni: che fanno risparmiare carburante (ovvero rinnovabili intermittenti), “a risposta rapida” (ovvero risorse di bilanciamento), e “stabile” (ovvero le fonti low carbon che garantiscono una produzione continua).

La differenziazione tra risorse “stabili” e non è al nocciolo della questione: l’intero corpo di ricerca suggerisce che un portafoglio di opzioni tecnologiche – non solo quelle che meglio si adattano al profilo VRE – è ideale su un fronte puramente economico.

Uno studio recente esemplifica questo concetto per il nucleare, quantificando costi e benefici per l’interconnessione orientale negli Stati Uniti. Sebbene mirati a valutare la competitività di nuovi reattori, i risultati operativi del dispacciamento sono significativi a questa discussione, poiché evidenziano i compromessi tra 1 GW di nucleare e il portafoglio di risorse che sostituisce: secondo la classificazione di Jenkins, le “fuel saving” (le rinnovabili intermittenti), le batterie a “risposta rapida” e CCGT e OCGT “stabili”. Per essere più economico a livello di sistema, la somma dei costi per capacità e energia deve essere inferiore alle spese delle risorse rimpiazzate.

Compromessi fuori analisi

Se ciò non bastasse per supportare la possibile compatibilità tra (e competitività di) rinnovabili variabili e generatori stabili con alto Capex e basso Opex, ulteriori considerazioni rafforzano i compromessi con le soluzioni sostitutive:

  1. meno risorse stabili implicano una maggiore espansione della trasmissione per meglio bilanciare carico regionale, potenziale rinnovabile e variabilità intrinseca. L’esecuzione dei più grandi progetti infrastrutturali influenza direttamente l’efficace implementazione delle VRE (curtailment, re-dispatch, capacità di trasporto).
  2. l’inferiore risoluzione spaziale, temporale e operativa dei modelli attuali rispetto a reali dinamiche di rete sopravvaluta la fattibilità delle decisioni di capacità, con conseguente sottovalutazione di congestione, curtailment e energia non servita poiché eolico e solare sono raggruppati in centri economici ma non consegnabili.
  3. per risultati più affidabili, ricerche future mirano a includere modelli che rispecchiano più accuratamente le dinamiche di rete, come analisi SCOPF (flussi di potenza ottimale con vincoli di sicurezza); uno dei più grandi operatori della rete elettrica degli Stati Uniti, Miso, ha utilizzato un approccio simile nella valutazione dell’impatto dell’integrazione rinnovabile, identificando i parametri “adeguatezza dell’infrastruttura” e “capacità di trasporto tra zone” come particolarmente complessi all’aumentare della penetrazione.
  4. la generazione termica ha tradizionalmente fornito i servizi ancillari di rete, necessari a garantire la fornitura di elettricità. Man mano che la quota di centrali tradizionali diminuisce, varie e nuove soluzioni  diventano necessarie per mantenere stabilità, affidabilità e qualità del servizio (ad es. batterie, inverter che “formano” la rete, condensatori sincroni, STATCOM, PSS). Il blackout iberico è un utile caso studio.

La lezione è chiara: per evitare inefficienze strutturali, aumento dello stress sul sistema e risorse incagliate, investimenti e dispacciamento costo-ottimali nelle reti elettriche dovrebbero essere valutati attraverso prospettive olistiche che includono molteplici analisi di sensitività e rappresentazioni accurate delle dinamiche operative.

Ad oggi, anziché risultare incompatibili, accoppiare nucleare e rinnovabili intermittenti sembra una strategia gestibile e coerente rispetto alle alternative, assumendo che anche altre risorse di supporto siano sviluppate.

Obiettivo zero emissioni?

L’efficacia in termini di costi del nuovo nucleare dipende da una moltitudine di fattori, in primis la capacità dell’industria di consegnare un progetto nei tempi e nel preventivo. Tuttavia, argomentazioni che implicitamente mettono in dubbio la continuazione delle operazioni di centrali già “ripagate” causa presunta incompatibilità con VRE si rivelano miopi: incertezza e rischio del portafoglio di soluzioni sostitutive sono presumibilmente ordini di grandezza maggiori.

Ad oggi, la scelta della Germania di dismettere prima del fine vita la propria flotta nucleare di oltre 20 GW non risulta lungimirante, specialmente se il valore residuo è confrontato con investimenti altrimenti meno “necessari”, come la pianificata Kraftwerksstrategie (12,5 GW di nuova capacità a gas “H2-ready” che beneficerà di sussidi Capex, premi Opex e mercato della capacità) o il cavo interrato di trasmissione HVDC SuedLink (prezzo raddoppiato rispetto alla stima iniziale, costruzione iniziata solo dopo che il recupero dei costi è stato consentito al TSO). Se ciò non bastasse, oltre 150 TWh all’anno di elettricità costante a basse emissioni avrebbero drasticamente ridotto la generazione fossile nella rete tedesca, come si vede dalla grafica di Radiant Energy Group.

L’intensità carbonica è di fatto un altro aspetto che l’articolo di Montel non menziona, ma che risulta cruciale nel decidere come intervenire sui sistemi energetici. Nel 2024, la differenza nelle emissioni del settore elettrico tra le due nazioni rimane esorbitante: 11,7 milioni le tonnellate di CO2 emesse in Francia a fronte delle 183-188 in Germania.

Conclusione

Per ribadire, sostenere che “nucleare o rinnovabili” siano incompatibili e che quindi si debba scegliere l’uno o l’altro è falso: diverse strategie non dimostrano incompatibilità, ma rivelano compromessi nella progettazione di portafogli a seconda di eredità politiche e infrastrutturali. È necessario valutare la pianificazione del sistema tramite i medesimi parametri, non metriche parziali: tutti i costi del sistema, sostenibilità, affidabilità e resilienza.

Le implicazioni pratiche sono noiose, ma potenti:

  1. da un punto di vista tecnico, le risorse stabili non sono davvero in contrasto con generazione variabile;
  2. un’adeguata progettazione dei mercati può creare flessibilità intorno a VRE nonché compatibilità con il nucleare;
  3. un mix che include nucleare e rinnovabili è tra le opzioni più concrete e a minori costi totali per decarbonizzare.

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