Due parole sulla questione iraniana

[parte seconda]

Dopo una breve illustrazione degli accordi firmati lo scorso 15 luglio, ed in attesa di aggiornamenti da parte della AIEA sulle informazioni ricevute il 15 agosto, facciamo un passo indietro di qualche decennio per ripercorrere le principali tappe dell’avventura nucleare iraniana.

Breve storia del nucleare civile iraniano

Nel 1957 l’Iran aderì subito al programma internazionale “Atomi per la Pace” lanciato dal Presidente degli Stati Uniti d’America Dwight D. Eisenhower.
Nel 1974 lo Scià annunciò un obiettivo di 23 GWe di capacità elettronucleare con lo scopo di liberare gas e petrolio per l’esportazione. Furono allora firmati accordi preliminari con Siemens-KWU e Framatome per quattro centrali nucleari.
L’anno successivo i tecnici della Siemens-KWU iniziarono la costruzione di due unità PWR da 1293 MWe (capacità lorda) 18 km a sud di Bushehr, nel Golfo Persico, basandosi sul design del reattore Biblis B, che stavano completando in Germania. Dopo la Rivoluzione Islamica, i pagamenti furono interrotti e il lavoro fu abbandonato nel 1979, con l’unità 1 sostanzialmente completa e la 2 a metà. L’impianto fu danneggiato da attacchi aerei iracheni nel 1984-88 durante la Jang-e-tahmīlī – la “Guerra Imposta”, come è chiamata in persiano.

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In origine il piano del 1974 prevedeva la costruzione di 4 unità a Bushehr, poi 2 a Isfahan, 340 chilometri a sud di Teheran, ed infine 2 a Saveh, vicino a Teheran. Le centrali di Isfahan e Saveh dovevano essere tutte composte da unità da 1300 MWe con raffreddamento a secco, ossia utilizzando torri di raffreddamento a secco – sarebbero stati i primi grandi impianti nucleari ad utilizzare questa tecnologia.
Il contratto con i francesi di Framatome, che avrebbero dovuto costruire 2 unità da 910 MWe a Darkhovin, sul fiume Karun vicino al confine con l’Iraq, fu annullato nel mese di aprile del 1979 a poche settimane dall’inizio della costruzione. I componenti già pronti della centrale rimasero in Francia, per finire a Gravelines C (unità 5 e 6, entrate in funzione nel 1985). Nel 1992, la Repubblica Islamica dell’Iran ci provò di nuovo e firmò un accordo con la Cina, questa volta per la costruzione di due unità da 300 MWe; ma i cinesi si tirarono fuori prima della cantierizzazione, e non se ne fece più nulla.
Sempre nel 1992 il Governo iraniano si accordò con quello della neonata Federazione Russa per il “restauro” di Bushehr. Due anni dopo la AEOI concordò con la Minatom un progetto che prevedeva l’utilizzo delle strutture, delle apparecchiature e delle infrastrutture ancora in piedi: l’unità 1 sarebbe stata completata trasformandola in un’unità VVER-1000. Il contratto fu firmato nel gennaio del 1995. I lavori si trascinarono per 16 lunghi anni tra problemi tecnici di vario genere (le trasformazioni di impianti per la generazione di potenza elettrica si rivelano assai spesso più complesse ed onerose di quanto previsto in partenza); non mancarono ostacoli di natura politica, come per esempio il rifiuto dei tecnici tedeschi di fornire supporto ai russi, che in questo modo si trovarono persino a dover certificare in modo indipendente diversi componenti e sistemi a loro del tutto sconosciuti; nè quelli di natura burocratica: dal 1975 i requisiti degli standard di sicurezza nucleare erano diventati più severi, e la AIEA vigilava scrupolosamente. Le difficoltà si fecero sempre più opprimenti e ad un certo punto si raggiunse la saturazione: con lo stallo dei lavori si pensò seriamente a mollare tutto. Era il 2007.
Tuttavia, la Atomstroyexport (ATE), che aveva assunto la direzione dei lavori di ri/costruzione, non si diede per vinta. Allo scopo di completare i lavori convinse il Governo iraniano a rimandare la parte del progetto concernente gli impianti di desalinizzazione [3], e soprattutto ad impegnarsi a restituire gratuitamente il combustibile nucleare esausto in cambio di un programma dettagliato di rifornimento di combustibile fresco “just in time” – programma che, prevedendo forniture pronte con arricchimento tra l’1,6% ed il 3,62%, annullava di fatto qualsiasi giustificazione e/o pretesa iraniana per un programma industriale di processamento del combustibile con dispendiose e “sospette” macchine centrifughe (almeno per quel che riguardava la “roba” che sarebbe circolata presso la centrale di Bushehr).
Alla fine, il primo carico fu fissato per il mese di ottobre del 2009; ma ulteriori slittamenti portarono l’avviamento a febbraio 2011. Quando tutto era pronto e partirono le attività di start-up, il guasto di una pompa bloccò le operazioni e fece slittare l’avviamento vero e proprio a maggio; mentre la connessione alla rete fu raggiunta solo a settembre. La pompa apparteneva alla vecchia fornitura tedesca degli anni ‘70.
Alla fase commerciale non si arrivò prima del 2013: furono necessarie operazioni di controllo dell’eventuale contaminazione del circuito primario causata da particelle metalliche entrate nel sistema a seguito del fallimento della suddetta pompa. Tali operazioni compresero la movimentazione dell’intero assembly del combustibile (che aveva subito appena due mesi di irraggiamento) con spostamento dal recipiente del reattore alla piscina del combustibile esausto. Dopo i controlli – di cui non fu pre-avvisata in modo opportuno la AIEA, con conseguente scandalo ed allarme internazionale – finalmente il reattore fu ricollegato alla rete nel gennaio 2013, ed entrò in piena fase commerciale nel settembre dello stesso anno (dopo aver risolto alcuni problemi al generatore).

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Attualmente la centrale è esercita quasi esclusivamente da tecnici ed operai russi della ATE, sotto contratto della società iraniana Nuclear Power Production and Development Company, ed in attesa di essere gradualmente sostituiti dagli operatori autoctoni via via istruiti in Russia sotto la supervisione della Rosatom.
Bushehr 1 con i suoi 915 MWe di capacità netta dovrebbe produrre circa 7 TWh/anno, sottraendo all’autoconsumo circa 1,6 milioni di tonnellate di petrolio (11 milioni di barili) o 1,8 miliardi di metri cubi di gas all’anno – tutta “roba” che può essere esportata in cambio di valuta forte. In realtà, per ora la centrale si è mantenuta su livelli di performance abbastanza deludenti, mediamente con un fattore di capacità di poco inferiore al 50%. Il 2015 potrebbe essere l’anno della svolta.
A proposito, poco dopo l’avviamento di Bushehr alcuni alti funzionari iraniani hanno incominciato a parlare di un obiettivo di 20 GWe nucleari entro il 2020. (Non vi suona come qualcosa di già sentito?)

Staremo a vedere.

(continua…)

Note:

[3]          I piani originali comprendevano due impianti di desalinizzazione, ciascuno di capacità pari a 100.000 m3/giorno, legati ai reattori. Dopo il rinvio concordato, la Fase 1 di questi lavori è stata commissionata appena un anno fa. Con la Fase 2, la centrale nucleare fornirà il 20% dell’acqua potabile della città di Bushehr.

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