Due parole sulla questione iraniana

Molto si è parlato nei giorni scorsi sul nuovo accordo stipulato a Vienna inerente al nucleare iraniano. E la questione potrebbe non essere del tutto chiusa.
Proponiamo qui di seguito una breve esposizione dello “stato dell’arte nucleare” in Medio Oriente (preceduto da una lunga panoramica del Paese dei tulipani selvatici.) Il fine è quello di permettere l’elaborazione di un’analisi più articolata di quella mediamente riscontrabile sui principali mezzi di informazione, e la speranza è quella di suscitare qualche dubbio intelligente ampliando le vedute – magari incominciando ad evitare di concentrarsi troppo su Teheran e a buttare più spesso l’occhio su Riyadh.

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UN Deal, IAEA Deal

Partiamo con una breve ricapitolazione degli accordi raggiunti.
Il 14 luglio 2015, il Direttore Generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Yukiya Amano, e il Vice-Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Akbar Salehi, hanno sottoscritto a Vienna un “piano di azione per il chiarimento delle questioni in sospeso riguardanti il programma nucleare iraniano”. (Ali Akbar Salehi è anche il Presidente della Atomic Energy Organization of Iran – AEOI.) In particolare, l’AIEA e l’Iran hanno convenuto di dare seguito alla cooperazione in atto accelerando e rafforzando il dialogo con il fine di giungere ad una risoluzione entro la fine dell’anno di tutte le questioni aperte. (Un elenco esaustivo delle questioni di cui sopra è consultabile nel report GOV/2011/63, emesso dal Direttore Generale della AIEA in data 08/11/2011 ed intitolato “Implementation of the NPT Safeguards Agreement and relevant provisions of Security Council resolutions in the Islamic Republic of Iran”.)
L’accordo tra l’AIEA e l’Iran giunge a seguito di quello stabilito separatamente tra l’Iran ed il Gruppo di Paesi delle Nazioni Unite denominato E3+3 [1] sulla limitazione del programma nucleare iraniano.
Con il Joint Comprehensive Plan of Action – che è il risultato dei negoziati di Losanna svoltisi tra il 26 marzo ed il 2 aprile di quest’anno – l’Iran ha accettato, tra le altre cose, che nel corso dei prossimi 15 anni non arricchirà l’uranio al di sopra del 3,67% [2], e non terrà stoccati più di 300 kg di uranio arricchito – dovrà quindi sbarazzarsi di circa il 97% delle sue scorte attuali che ammontano più o meno a 10 tonnellate.

56Inoltre, le attività di ricerca e di sviluppo concernenti la conversione, il trattamento o il processamento dell’uranio avverranno esclusivamente nel sito di Natanz; nessun processo di arricchimento sarà effettuato a Fordow.
Infine, con lo U.N. deal, datato 14/07/2015 come lo IAEA deal, l’Iran ha accettato a tempo indeterminato di non costruire alcun nuovo reattore ad acqua pesante, di ridisegnare il reattore di Arak, di spedire tutto il combustibile ivi utilizzato fuori del Paese, e di non fare scorte di acqua pesante.
In cambio, le sanzioni economiche contro l’Iran saranno revocate una volta che l’AIEA avrà dato conferma che l’Iran ha rispettato i suoi obblighi ai sensi dell’accordo appena stipulato.
Tale piano congiunto di azione globale senz’altro “apre la strada per la risoluzione pacifica di una controversia che dura da più di un decennio”, come afferma Amano; tuttavia, rimangono dubbi consistenti che potranno essere dipanati solo con l’attuazione del Safeguards Agreement and Additional Protocol che prevede l’impegno del Governo iraniano a fornire tutte le informazioni e i chiarimenti richiesti dalla AIEA, nonché il libero accesso ai siti industriali, militari e di ricerca che sono ufficialmente coinvolti nella filiera nucleare iraniana o che si sospetta lo siano.
Tutte le attività concernenti la filiera nucleare e tutti i relativi inventari dovranno essere monitorati in ogni minimo dettaglio. Solo in questo modo la AIEA sarà in grado di garantire per l’Iran.
Stando alla tabella di marcia, l’Iran ha fino al 15 agosto per fornire spiegazioni alla AIEA riguardo ai possibili aspetti militari del programma nucleare del Paese. L’AIEA avrà quindi un mese di tempo per rivedere queste spiegazioni e sollevare domande sulle eventuali ambiguità contenute nelle informazioni fornite dall’Iran. Le discussioni per risolvere questi problemi dovrebbero poi essere concluse entro il 15 ottobre.

[post scriptum (20/08/2015): l’AIEA dichiara di avere ricevuto le informazioni richieste]

Un discorso a parte riguarda Parchin, complesso militare situato a sudest di Teheran e salito agli onori della cronaca internazionale nei primi anni 2000, quando l’Iran è stato accusato di aver condotto lì attività relative allo sviluppo di ordigni nucleari.
Da allora, Parchin è stato al centro delle discussioni sulle possibili dimensioni militari del programma nucleare iraniano. La questione ha diviso gli analisti essenzialmente in due fazioni principali: quelli convinti che l’eventuale militarizzazione del programma iraniano non sia rilevante per l’attuazione di un accordo, e che renderla un problema potrebbe avere effetti collaterali ancora più negativi, e quelli che credono che non ci sia via d’uscita a meno che Teheran non “confessi tutti i suoi peccati”.

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Alla fine si è proceduto absolutione ante confessionem. La confessione dovrà eventualmente avvenire al più tardi entro il 15 dicembre 2015, si suppone; anche perché per allora saranno delineati in via definitiva tempi e modi di accesso ai vari siti “incriminati” da parte dei tecnici della AIEA – secondo quanto riportato dall’accordo speciale raggiunto per tale questione. (Per il 15/12/2015 è prevista l’emissione di un nuovo report da parte del direttore generale della AIEA concernente la valutazione delle dimensioni effettive del programma nucleare iraniano e dei suoi eventuali aspetti militari – a proposito, l’ultima visita della AIEA a Parchin risale al 2005.)
Secondo Aaron Stein, esperto di armamenti nucleari presso il Royal United Services Institute for Defence and Security Studies (RUSI) di Londra ed il Centre for Security Policy and the Atlantic Council di Ginevra, gli accordi stipulati rendono “estremamente remote le possibilità che l’Iran sviluppi un’arma nucleare nei prossimi 25 anni”. E la maggior parte degli analisti si è schierata grossomodo su questa linea.
D’altra parte la schiera di quanti hanno una visione diametralmente opposta è ben nutrita ed assai variegata: si spazia da chi ritiene l’accordo addirittura un incentivo per l’Iran a sviluppare una fiorente industria militare nucleare, a chi semplicemente teme che il controllo della AIEA non potrà mai essere del tutto efficace, che non conteranno molto le minacce dei “cani da guardia” (USA in primis – il Presidente ha già parlato esplicitamente di uso della forza, in caso di mancato rispetto degli accordi), e che “qualcosina” potrà comunque essere fabbricata sottobanco.
Ci sono fondati motivi per ritenere che il problema più serio sia a lato della effettiva capacità dell’Iran di fornirsi di armamenti nucleari o qualsivoglia “bomba sporca”. Semplicemente l’Iran, sollevato da alcuni costi del suo ambizioso programma nucleare e soprattutto liberato dal giogo dell’embargo, potrebbe trovare nuove energie sufficienti per gettarsi rapidamente in un ampio programma di ri-armamento di tipo “convenzionale”. Programma che gli consentirebbe di muoversi con rinnovato vigore in quel abominio della desolazione che di conflitto in conflitto attraversa l’intero Medio Oriente.

(continua…)

Note:

[1] EU-3 (Francia, Germania, Regno Unito) + Cina, Russia e Stati Uniti d’America – una sorta di piccola troika europea, cui si aggiungono 3 dei 5 membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; per questo motivo in Russia e USA tale gruppo è più comunemente denominato P5+1.

[2] Con arricchimento dell’uranio si intende il processo che porta all’aumento del contenuto di U235 in una data massa di uranio. In natura, fatta eccezione per i casi di “fissione naturale”, come nel “geo-reattore” di Oklo, tipicamente il radioisotopo U235 è presente con una concentrazione pari allo 0,72%. Aumentando tale concentrazione, ossia arricchendo l’uranio naturale (NU), si ottengono principalmente tre tipi di prodotti: il Low-enriched Uranium (LEU) 3-5%, che viene utilizzato soprattutto nei reattori moderati ad acqua leggera (LWR) pressurizzati o bollenti (reactor grade); il LEU 12-20%, che viene utilizzato nei reattori di ricerca e per la produzione di radioisotopi per la medicina nucleare o l’industria in generale; e l’Highly Enriched Uranium (HEU) 90%, l’unico adatto per la fabbricazione di ordigni nucleari (weapons grade). Esiste anche lo Slightly Enriched Uranium (SEU) 0,9-2%, che nei reattori moderati ad acqua pesante può rimpiazzare il NU (e.g. nei CANDU).

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