Due parole sulla questione iraniana

[parte quarta]

Sicurezza energetica mediorientale

L’Iran non è l’unico Paese del Medio Oriente ad aver imboccato la via nucleare. Gli Emirati Arabi Uniti (UAE) sono in piena fase di costruzione già da qualche tempo con una buona tabella di marcia, e negli ultimi anni l’Arabia Saudita, la Turchia e l’Egitto hanno compiuto notevoli passi in avanti per arrivare ad alimentare il proprio sviluppo economico utilizzando tra le altre fonti energetiche anche quella nucleare.
Questi sviluppi sono indubbiamente fonte di preoccupazione per molti e svariati motivi – principalmente perché, come abbiamo visto, si tende ad immaginarli come una sorta di messa in scena dietro le cui quinte avvengono le grandi manovre in vista dell’unico vero obiettivo finale: la corsa agli armamenti nucleari. Tuttavia, è importante ricordare che esiste una base legittima per questi Stati, sulla quale coltivare il “desiderio di energia nucleare”.
A tutti gli effetti, l’energia nucleare sembra esercitare un fascino irresistibile in Medio Oriente, una regione che si trova di fronte a sfide di sicurezza energetica sempre più performanti. La scarsità d’acqua e l’aumento della domanda di energia elettrica mettono a dura prova le reti di approvvigionamento. Nel frattempo le risorse note di combustibili fossili tendono a diminuire, ed anche nei Paesi più ricchi di idrocarburi, questi sono molto più preziosi per l’esportazione che per l’autoconsumo.

L’Arabia Saudita incarna perfettamente questa realtà. Lì, una combinazione di crescita della popolazione e della domanda ha messo sotto pressione il mercato dell’energia. Dal 2000 al 2012, il Paese ha visto aumentare del 30% il consumo di energia pro capite. Attualmente l’Arabia Saudita è il principale produttore e consumatore di energia elettrica tra gli Stati del Golfo. La produzione è abbastanza equamente divisa tra le due fonti fossili, petrolio e gas. La capacità è di oltre 30 GWe. La domanda è in crescita dell’8% all’anno, e quella di punta dovrebbe raggiungere i 60 GWe entro il 2020. Inoltre, l’Arabia Saudita è l’unico Paese nella regione ad avere una frequenza di rete pari a 60 Hz, il che limita fortemente le potenzialità di interconnessione. E la situazione può solo “peggiorare”: il Governo s62audita già prevede la necessità di un aumento del 107% nella produzione di elettricità entro il 2032; altri stimano un aumento del 250% entro il 2028.
Anche se il Regno saudita produce circa 10 milioni di barili di petrolio al giorno, attualmente la forte domanda lo costringe a bruciare più di un quarto del suo approvvigionamento sul mercato interno, il che costituisce una perdita enorme per un Paese che ottiene il 90% dei suoi ricavi dalla vendita di petrolio – indipendentemente dal fatto che l’attuale tasso di produzione sia in molta parte imposto da strategie geopolitiche più che dall’effetto domanda-offerta, come alcuni sostengono. Infine, esiste un crescente consenso attorno alla previsione che nel prossimo decennio i sauditi andranno incontro ad una situazione del tutto nuova, caratterizzata dalla penuria di petrolio. E questo non fa che rafforzare la necessità di un diverso percorso sulla via dello sviluppo economico.
Le centrali nucleari potrebbero costellare questo nuovo percorso; dato che in molte parti del mondo e da almeno 40 anni si sono dimostrate in grado di fornire in modo costante e significativo “energia domestica” a basso costo rispetto ad altre fonti, tra cui i combustibili fossili.
Guardando cosa sta succedendo negli Emirati Arabi Uniti il quadro della situazione si fa più chiaro. Anche qui le riserve di combustibili fossili forniscono entrate sostanziali grazie alla loro esportazione; mentre la domanda di energia elettrica è in aumento – dovrebbe raddoppiare tra il 2010 e il 2020 a causa dell’implementazione di sistemi di desalinizzazione, della massiccia crescita industriale ad alta intensità energetica e dell’aumento della popolazione. Sempre più spesso, dunque, gli UAE dovranno affrontare la tensione tra la volontà economica di mantenere elevate le esportazioni di energia e la necessità di soddisfare la domanda interna. Inoltre, il Paese conta già parzialmente sulle importazioni, acquistando in media quasi 60 milioni di metri cubi di gas naturale all’anno dal Qatar. Ed il Qatar, come molti altri Paesi produttori di gas naturale, negli ultimi anni ha visto aumentare il numero degli acquirenti ed il volume dei loro acquisti. Pertanto, di fronte ad una “insufficienza di offerta” in crescita per quanto riguarda il gas naturale, gli Emirati Arabi Uniti hanno trovato nell’energia nucleare una soluzione di primordine, definendola “pratica, commercialmente valida e pulita”.
Spostando lo sguardo un po’ più a Nord-ovest troviamo la Turchia. Anche qui il percorso logico seguito per approdare all’utilizzo dell’energia nucleare si è concentrato sul tema della sicurezza energetica. Attualmente il 33% dell’energia del Paese viene importato dalla Russia e il 17% dall’Iran. E come i suoi “vicini” di cui sopra, la Turchia sta vivendo una rapida crescita economica accompagnata dalla crescente domanda di energia, triplicata tra il 1992 e il 2012 [8].
Un ragionamento del tutto simile è quello che ha portato il Regno di Giordania ad accordarsi con gli esperti di tecnologia nucleare di vari Paesi, tra cui spicca la Russia – che tra le altre cose nella vicina Armenia a suo tempo costruì una centrale nucleare a Metsamor, tuttora in funzione per metà (i.e. una unità su due) [9].
Infine, anche in Egitto lo schema si ripete: benché il Paese sia piuttosto indipendente dal punto di vista energetico, presto avrà bisogno di un supplemento. I giacimenti di gas naturale dovrebbero essere svuotati entro il 2044, le sue riserve di petrolio esaurite entro il 2025. Una centrale nucleare da 1000 MWe potrebbe da sola far risparmiare all’Egitto quasi 2 miliardi di metri cubi di gas naturale (o 2 milioni di tonnellate di petrolio) all’anno – numeri eloquenti.

(continua…)

Note:

[8]Nelle nuove dinamiche Iran-Occidente, che nasceranno dall’attuazione degli accordi sul nucleare, sarà da tenere in grande considerazione la volontà espressa dalla Turchia di portare il gas iraniano in Europa – in linea con gli sforzi da tempo messi in atto da quel Paese per diventare un polo energetico fondamentale nel corridoio Est-Ovest.

[9]La storia della produzione elettronucleare in Armenia offre materiale di studio molto interessante, che potrebbe essere utilizzato, per esempio, per analizzare gli effetti di una “decrescita imposta”.

 

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