Nella giornata di oggi 22 gennaio 2024 avverrà nella città metropolitana di Torino una prova del sistema di emergenza IT-alert, con la simulazione di un ipotetico incidente nucleare alla centrale di Saint Alban in Francia.
Test analoghi coinvolgeranno, nell’arco della settimana, ben 12 regioni italiane, dove verranno presi in considerazione altri due scenari di rischio, oltre a quello nucleare: il collasso di una grande diga e un incidente rilevante in uno stabilimento industriale. Per maggiori informazioni, riportiamo il sito di riferimento [1].
In merito al test piemontese, rileviamo come esso prenda in esame un’eventualità estremamente remota. Tutte le centrali europee sono infatti provviste di edifici di contenimento e altri sistemi di sicurezza che rendono assolutamente improbabile una dispersione di materiali radioattivi all’esterno dell’impianto, anche nel caso di un evento grave con fusione del nocciolo. Inoltre, anche nel peggiore incidente ipotizzabile, qualora si verificasse una fuoriuscita di radiazioni queste difficilmente raggiungerebbero il territorio italiano in quantità sufficienti a destare preoccupazione per la salute pubblica e tali da richiedere evacuazioni o assunzioni di farmaci.
IT-alert si configura come un importantissimo strumento di gestione delle emergenze ma alla luce di quanto precedentemente osservato, riteniamo che la sua diffusione debba accompagnarsi ad una adeguata e capillare campagna informativa sulle diverse tipologie di rischio a cui la popolazione è potenzialmente esposta, al fine di evitare falsi allarmi e situazioni di panico, con tutte le drammatiche conseguenze che ne potrebbero derivare.
Per quanto riguarda i rischi legati agli impianti nucleari, l’importanza di una corretta informazione è chiaramente riportata nel Piano Nazionale per la Gestione delle Emergenze Radiologiche[2], ove si sottolinea quanto la percezione del rischio radiologico/nucleare sia <<condizionata dalla scarsa conoscenza che si ha di esso ed è influenzata da elementi di natura socio-anagrafica, socio-culturale, socio-economica e socio-politica>>. Sempre nel documento (appendice 19) si legge come l’obiettivo strategico della comunicazione sia la <<prevenzione: accrescere cioè la consapevolezza del rischio nella popolazione e fornire un “pacchetto informativo” con una base di conoscenze sul rischio (cosa sapere) e sulle norme di comportamento in caso di incidente (cosa fare). Un cittadino informato, preparato e consapevole è un importante “alleato” per il sistema di protezione civile e contribuisce anche a facilitare la gestione delle operazioni in caso di emergenza. E’ particolarmente importante calibrare le attività di comunicazione e informazione preventiva alla popolazione in modo da non veicolare messaggi allarmanti senza, al contempo, rassicurare rispetto ai possibili rischi.>>
Non potremmo essere più d’accordo di così, ma notiamo come un siffatto sistema di comunicazione e informazione preventiva esista, per ora, solo sulla carta.
In assenza di una corretta informazione, un test di IT-alert come quello in programma in questi giorni potrebbe essere soggetto a interpretazioni non corrette o a facili strumentalizzazioni, come abbiamo peraltro già notato da parte di alcuni organi di stampa.
In particolare, è stata diffusa la possibilità di un test simile anche in Friuli-Venezia Giulia, in merito ad un ipotetico incidente alla centrale nucleare di Krsko, accostando tale test – che peraltro non appare affatto in programma sul sito IT-alert – al guasto occorso all’impianto sloveno lo scorso 6 ottobre [3]. Ricordiamo che la piccola perdita di acqua dal circuito refrigerante registrata in quell’occasione, e prontamente riparata nell’arco di poche settimane, non ha determinato alcuna fuoriuscita di radioattività all’esterno e pertanto non ha avuto alcuna conseguenza per l’ambiente e per le persone, nemmeno nelle immediate vicinanze dell’impianto. Di conseguenza, il sistema di allerta italiano in quel caso non avrebbe avuto alcuna ragione di entrare in funzione, nè lo avrebbe fatto in situazioni eventualmente anche più gravi, innescate per esempio da un terremoto, ma correttamente gestite dai sistemi di sicurezza di cui la centrale di Krsko è dotata.
In conclusione, chiediamo alla stampa di evitare – come al solito – facili sensazionalismi e accostamenti inappropriati, e raccomandiamo alle autorità di non perdere di vista l’obiettivo strategico della comunicazione in tema di rischi, non solo quelli legati alle tecnologie nucleari. Ricordiamo a titolo di esempio che solo in Friuli ci sono 29 stabilimenti a rischio di incidente rilevante, 15 dei quali di soglia superiore secondo la direttiva Seveso III, di cui nessuno tuttavia sembra preoccuparsi [4].
L’attenzione dei media rimane invece puntata verso un impianto nucleare che dista più di 100 km dal confine nazionale e che ha dato a più riprese dimostrazione dei suoi elevatissimi standard di sicurezza. E ciò nonostante continua a suscitare paure e preoccupazioni, alimentate purtroppo dall’ignoranza e dalla disinformazione, due piaghe su cui ancora si fa troppo, troppo poco.
[1] https://www.it-alert.it/it/notizia/it-alert-dal-22-al-26-gennaio-test-su-rischi-specifici-12-regioni/
[2] https://www.protezionecivile.gov.it/it/normativa/decreto-del-presidente-del-consiglio-dei-ministri-n-898-del-14-marzo-2022/
[3] https://www.ilgazzettino.it/nordest/pordenone/incidente_nucleare_krsko_friuli_prova_generale_sms_messaggi_quando_italert_slovenia-7884305.html
[4] https://www.mase.gov.it/pagina/inventario-nazionale-degli-stabilimenti-rischio-di-incidente-rilevante-0
IT-ALERT e incidenti nucleari: quello che manca è l’informazione
